Deficit salito per aiuti alle banche: la nota stonata del Def insieme a decreto Alitalia
La patata bollente passa al prossimo governo italiano, che per ora è il grande assente in Italia, dopo le elezioni politiche dello scorso 4 marzo. Un governo che nascerà dall’asse M5S-Pd? Aperture importanti sono arrivate da entrambi i partiti, ma la strada appare anche in salita. Intanto il consiglio dei ministri, che si è riunito oggi, ha compiuto uno degli ultimi atti dell’esecutivo uscente guidato da Paolo Gentiloni, approvando il Def e il decreto Alitalia.
Nessun annuncio positivo sul destino di Alitalia. Tutt’altro. A certificare la situazione difficile in cui versa il vettore italiano è stato lo stesso ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda, che ha presentato il decreto. Un decreto, praticamente, di proroga:
“Il decreto è molto semplice, spostiamo i termini per la vendita a fine ottobre e spostiamo al 15 dicembre il termine per la restituzione del prestito”, ha detto Calenda, sottolineando come ora sia “necessaria una fase di negoziazione più stretta”. E tale fattore, aggiunge, “presuppone che ci sia un governo che esponga il proprio orientamento”.
D’altronde, è “giusto” per i potenziali acquirenti che ci sia la “possibilità di interlocuire con il nuovo governo”.
La situazione della compagnia aerea, certo, rimane fragile:
“I commissari hanno ben operato, il prestito ponte è pressochè intatto, comunque la situazione di Alitalia rimane nel lungo periodo fragile. Stiamo parlando di un’azienda molto piccola che deve fare degli investimenti molto significativi e la riduzione ulteriore delle perdite di esercizio può avvenire solo con l’acquisto di nuovi aerei e un accordo sindacale che ovviamente deve essere fatto nella fase di trasferimento dell’azienda”.
Tutto ciò avviene mentre Lufthansa sembra fare un passo indietro. La compagnia area tedesca afferma senza fare tanti giri di parole che, alle condizioni in cui si trova, Alitalia “non ci interessa per niente”.
Così il direttore finanziario, Ulrik Svensson:
La compagnia “va ristrutturata in termini di dimensione, costi, destinazioni e così via, e questa ristrutturazione va fatta dall’Italia. Non possiamo farla noi da azionisti“.
E se a questo punto il matrimonio non riuscisse “un’alternativa” potrebbe essere “scalare Air Dolomiti”. Anche perchè, ha ribadito il cfo, “l’Italia è un mercato molto importante per noi, il secondo più importante dopo gli Usa“.
Una nota stonata, oggi, che vede protagonista anche in questo caso l’esito della riunione dei ministri, è stata la revisione al rialzo del deficit previsto per il 2017, al 2,3%,rispetto alla “iniziale previsione dell’1,9%”.
Questo, come ha spiegato lo stesso ministro uscente Pier Carlo Padoan, a causa delle “risorse che il governo ha messo a disposizione per aggredire le situazioni difficili dal punto di vista bancario“.
Padoan ha tenuto a precisare che “gli interventi a favore del sistema bancario sono interventi che impattano sul deficit e anche sul debito ma sono misure una tantum e quindi non ripetute. Non impattano sulle grandezze strutturali e di conseguenza non impattano sul rispetto dei parametri del patto di stabilità”.
Inoltre, Padoan ha fatto notare che, “se prendiamo in considerazione l’1,9%, notiamo che rispetto alle previsioni della nota di aggiornamento c’è un miglioramento delle performance della finanza pubblica dovuta ad una accurata gestione, che però nulla ha tolto allo stimolo alla crescita“.
In generale, nel commentare il Def, sia Padoan che il premier uscente Paolo Gentiloni hanno parlato dei progressi compiuti dall’Italia. A parte la parentesi del deficit, che comunque viene stimato in calo all’1,6% nel corso di quest’anno, è stata messa in evidenza la traiettoria discendente del debito, con le stime contenute del Def che parlano di un rapporto debito-Pil in flessione al 130,8% nel 2018, e di ulteriori cali al 128% nel 2019 e al 124,7% nel 2020.
Così Padoan ha commentato i progressi riferendosi anche al 2017.
“Il debito nel 2017, sia pur di poco e pur tenendo conto delle risorse al sistema bancario, dimuinuisce rispetto all’anno precedente e diminuisce, secondo le nostre previsioni in misura visibile e marcata di un punto percentuale nel 2018. Questo è un dato estremamente importante, in un contesto che vedeva il debito negli anni passati continuare a crescere”.
Previsioni positive anche per il Pil: nel Def si parla di una crescita dell’1,5% in base a una “stima prudenziale”, nel corso del 2018, e poi di rallentamenti all’1,4% e all’1,3% rispettivamente nel 2019 e nel 2020.
Ma per Padoan si tratta comunque di un quadro “incoraggiante”, visto che la previsione sul Pil di quest’anno “è prudenziale” .
A suo avviso, la crescita dell’economia italiana potrebbe arrivare “almeno al 2%”, ma a una condizione, “a patto che le misure intraprese siano conservate e rafforzate”. Un monito, e un avvertimento, praticamente, a chi prenderà le redini del nuovo governo.