Dieselgate: cosa è cambiato a 4 anni dallo scandalo
A quattro anni dallo scandalo Dieselgate, quando nel 2015 l’Agenzia americana per la protezione ambientale aveva denunciato il gruppo tedesco Volkswagen per aver ingannato i suoi clienti, vendendo auto che emettevano più ossido di azoto (NOx) di quanto dichiarato e aggirando le normative sulle emissioni dei diesel, qualcosa è cambiato. Per lo meno sul fronte dei regolamenti, diventati più stringenti, e sui livelli di inquinamento. Non, invece, per quanto riguarda i risarcimenti, almeno in Italia.
Regolamenti più stringenti
Dieselgate ha portato alla luce l’inadeguatezza dei sistemi di controllo delle emissioni, che sono risultati aggirabili dalle case automobilistiche: da allora gli standard di omologazione sono cambiati e proprio da poche settimane è entrato in vigore lo standard Euro 6D Temp che non solo fissa limiti di emissioni, ma rende anche più stringente ed efficace il modo in cui queste emissioni vengono misurate.
Intanto proseguono le perizie, che fanno emergere nuovi risvolti. Uno degli ultimi è quello nei confronti di Porsche: i risultati della perizia conclusa a Padova hanno indicato nelle vetture Euro 6 la presenza di uno o più defeat device (dispositivi software in grado di riconoscere l’effettuazione del ciclo di omologazione e ridurre artatamente le emissioni rispetto al comportamento su strada). I test hanno evidenziato, secondo quanto riporta il Codacons, anomalie anche sui motori Euro 5. L’incidente probatorio potrebbe aprire la strada ai risarcimenti per i proprietari di vetture Porsche Cayenne o Macan con motore diesel 3.0 VL, modello euro 5 e modello euro 6.
Emissioni: se il motore diesel è buono inquina meno di benzina
Le analisi sulle emissioni inquinanti delle auto, condotte da Altroconsumo insieme alle principali organizzazioni europee di consumatori e Adac, uno dei principali automobile club europei, hanno portato a risultati, per certi versi, sorprendenti: rispetto a qualche anno fa, le emissioni inquinanti dei motori diesel sono diminuite molto, tanto che la situazione tra diesel e benzina si è quasi ribaltata. Oggi un buon motore diesel inquina meno di un equivalente a benzina.
Le vetture ibride, invece, sono risultate migliori, ma solo se usate in città perché sui percorsi extraurbani inquinano quanto un’auto a benzina, visto che l’apporto del motore elettrico diventa trascurabile. Per quanto riguarda le auto elettriche, le cui emissioni sono pari a zero, dobbiamo fare riferimento all’inquinamento legato alla produzione dell’elettricità che le alimenta: se arriva da combustibili fossili non vi è un vantaggio per l’ambiente. In Italia, la produzione di elettricità è frutto di un mix energetico di fonti rinnovabili e fossili per cui solo le migliori vetture elettriche comportano emissioni di Co2 al di sotto dei 50 g/km, inferiori a quelle delle vetture tradizionali.
Strada ancora lunga per i risarcimenti in Italia
Negli Stati Uniti, dove lo scandalo è iniziato, il gruppo Volkswagen ha chiuso la vicenda Dieselgate versando più di 13 miliardi di euro ai consumatori ed è notizia di questi giorni che il gruppo di Wolfsburg avrebbe accettato di pagare circa 79 milioni di euro per archiviare la class action in Australia. E in Europa? Già nel 2015 diverse organizzazioni di consumatori hanno avviato una class action nei rispettivi Paesi per chiedere che i consumatori europei fossero risarciti proprio come quelli statunitensi. In Italia sono 75mila le adesioni alla class action promossa da Altroconsumo davanti al Tribunale di Venezia. Si tratta di un processo lungo e complesso (la prossima udienza è prevista per la fine di marzo 2020, salvo rinvii), che va avanti a colpi di udienze, atti e perizie tecniche. In occasione del quarto anniversario di questa vicenda, Euroconsumers chiede al gruppo Volkswagen di voltare definitivamente pagina e mettere la parola fine allo scandalo delle emissioni, riconoscendo ai clienti il risarcimento che gli spetta.