Dopo il Covid, gli italiani vorrebbero poter alternare smart working e lavoro in presenza
Un anno fa in Italia si registrava il primo caso di contagio da Covid-19. Era il 21 febbraio 2020 quando Mattia, il paziente 1, venne ricoverato in fin di vita all’ospedale di Codogno. Da lì un susseguirsi di notizie fino al periodo di rigido lockdown tra marzo e maggio per contenere la pandemia ha ridefinito in modo drastico e forzato gli stili di vita degli italiani. Per esplorare, dando voce in modo diretto agli italiani, in che modo la vita nel nostro Paese sia mutata nel corso di questo anno senza precedenti e quale sia stato l’impatto sui cittadini, l’Eurispes ha realizzato un’indagine su un campione composto da 2.063 cittadini, rappresentativo della popolazione italiana. La ricerca è stata realizzata attraverso la somministrazione diretta di un questionario semistrutturato, distribuito nel periodo compreso tra novembre 2020 e gennaio 2021.
Il lockdown ha inevitabilmente cambiato le vite e le abitudini degli italiani. Anche il mondo del lavoro si è completamente trasformato e oggi è realtà lo smart working. Prima del 2020 lo smart working era ancora poco diffuso in Italia, regolato da una legge di recente approvazione (legge 81 del 2017). Tra coloro che lavorano, quasi la metà (49%) lo a fatto in smart working dall’inizio dell’emergenza sanitaria: il 22,8% sempre o per un lungo periodo, il 26,2% occasionalmente/con turnazione/per un breve periodo. Il 4,9% dei lavoratori dichiara che già lavorava in questa modalità prima della pandemia, mentre il 46,1% risponde negativamente.
Lo smart working durante e dopo la pandemia
Secondo l’indagine Eurispes, la pandemia ha portato a lavorare a distanza soprattutto i residenti al Sud (il 31,8% sempre o per un lungo periodo, il 25,2% in modo temporaneo) ed al Nord (al Nord-Ovest 24,2% sempre e 28,4% temporaneamente; al Nord-Est 22,4% e 26,5%).
Chi ha fruito dello smart working? Ovviamente il lavoro agile è possibile a seconda dell’attività che si svolge. Così, con l’emergenza sanitaria hanno usufruito dello smart working la maggioranza degli impiegati (66,2%), dei dirigenti/direttivi/quadri (65,1%, ben il 46,3% sempre o per un lungo periodo), dei liberi professionisti (62,4%). Valori non trascurabili riguardano lavoratori autonomi (45,6%), imprenditori (41,8%) e Forze dell’ordine/militari (37,5%). Le percentuali più basse si trovano, comprensibilmente, tra operai (12,4%) e commercianti (13%). Lavoratori autonomi e liberi professionisti fanno registrare le quote più alte di soggetti in smart working già prima dell’inizio della pandemia (rispettivamente il 12,6% ed il 10,3%).
Nella maggior parte dei casi il lavoro a distanza è stato organizzato sulla base della presenza negli orari prefissati (54,4%), in quasi un terzo per obiettivi (30,2%), mentre nel 15,4% dei casi sulla base della reperibilità senza limiti fissi di orario. Il 66,2% di chi ha lavorato in smart si dice soddisfatto rispetto all’organizzazione del lavoro, il 62% riguardo alla gestione dei tempi e degli orari. Più della metà del campione si è inoltre trovato bene nel coordinamento con i colleghi (57,5%), con i superiori (56,4%) e con il carico di lavoro (56,2%). Se prevalgono le esperienze positive, occorre però sottolineare la percentuale non trascurabile di lavoratori a distanza che si sono trovati in difficoltà; in particolare, il 18,7% si dice per nulla soddisfatto del coordinamento con i superiori, il 18,3% del carico di lavoro. In smart working la netta maggioranza dei lavoratori ha gestito meglio gli impegni familiari e domestici (60%) e si è sentita più libera (58,2%). D’altra parte, si sono sperimentate anche sensazioni negative: al 64,2% è mancata la compagnia dei colleghi e per il 53,9% le giornate lavorative sono state più noiose. Il 46,5% dei lavoratori ritiene di essere stato/a più efficiente nel lavoro (al contrario, il 53,5% pensa di no) ed il 45,6% ha avuto difficoltà a trovare indicazioni e coordinamento nel lavoro.
E per il futuro? Interrogando coloro che hanno sperimentato lo smart working sulle loro preferenze per il futuro, emerge come la maggioranza, potendo scegliere, quando sarà terminata l’emergenza sanitaria vorrebbe alternare lavoro da casa e lavoro in presenza (53%); il 28% vorrebbe interrompere lo smart working, mentre il 19% vorrebbe continuare a lavorare sempre da casa.