Draghi contro i sovranisti: cooperazione è una necessità, 75% cittadini vuole l’euro
I cittadini europei apprezzano i benefici dell’integrazione economica che l’Unione europea ha prodotto e da anni considerano come il suo maggior successo la libera circolazione delle persone, dei beni e dei servizi, cioè il mercato unico. Inoltre il 75% dei cittadini dell’area dell’euro è a favore dell’euro e dell’unione monetaria e il 71% degli europei è a favore della politica commerciale comune. Così Mario Draghi, Presidente della BCE, in occasione del conferimento della Laurea ad honorem in Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bologna.
“Allo stesso tempo però diminuisce dal 57% nel 2007 al 42% di oggi la considerazione che i cittadini europei hanno delle istituzioni dell’Unione – recita il testo del discorso di Draghi – . Peraltro questo declino è parte di un fenomeno più generale che vede diminuire la fiducia in tutte le istituzioni pubbliche. Quella verso i governi e i parlamenti nazionali oggi si attesta appena al 35%. Questa discrasia nei sondaggi può essere spiegata con la percezione che ci sia un trade-off tra l’essere membri dell’Unione europea e la sovranità dei singoli Stati. Secondo questo modo di pensare, per riappropriarsi della sovranità nazionale sarebbe necessario indebolire le strutture politiche dell’Unione europea”. Draghi afferma che questa convinzione è erronea perché confonde l’“indipendenza” con la sovranità: “La vera sovranità si riflette non nel potere di fare le leggi, come vuole una definizione giuridica di essa, ma nel migliore controllo degli eventi in maniera da rispondere ai bisogni fondamentali dei cittadini: “la pace, la sicurezza e il pubblico bene del popolo”, secondo la definizione che John Locke ne dette nel 1690. La possibilità di agire in maniera indipendente non garantisce questo controllo: in altre parole, l’indipendenza non garantisce la sovranità”.
Il banchiere formula un esempio estremo, quello dei paesi che sono totalmente al di fuori dell’economia globale: essi sono indipendenti, ma certamente non sovrani in un senso pieno della parola, dovendo ad esempio spesso contare sull’aiuto alimentare che proviene dall’esterno per nutrire i propri cittadini.
Sovranità in un mondo globalizzato
L’intervento di Draghi è totalmente incentrato sul tem “La sovranità in un mondo globalizzato” e il numero uno della Bce, il cui mandato scadrà a fine ottobre, insiste sul fatto che la globalizzazione aumenta la vulnerabilità dei singoli paesi in molte direzioni: li espone maggiormente ai movimenti finanziari internazionali, a possibili politiche commerciali aggressive da parte di altri Stati e, aumentando la concorrenza, rende più difficile il coordinamento tra paesi nello stabilire regole e standard necessari per il conseguimento al proprio interno degli obiettivi di carattere sociale. Il controllo sulle condizioni economiche interne ne risulta indebolito.
“In un mondo globalizzato tutti i paesi per essere sovrani devono cooperare. E ciò è ancor più necessario per i paesi appartenenti all’Unione europea – aggiunge Draghi – . La cooperazione, proteggendo gli Stati nazionali dalle pressioni esterne, rende più efficaci le sue politiche interne”.
Cooperare per proteggersi
Nel suo discorso il presidente della Bce rimarca come la globalizzazione ha profondamente cambiato la natura del processo produttivo e aumentato l’intensità dei legami tra paesi. La proprietà transnazionale di attività finanziarie è oggi il doppio del PIL mondiale: nel ’95 era pari al 70%. Il commercio con l’estero è aumentato da circa il 43% del PIL mondiale nel 1995 a circa il 70% di oggi. E circa il 30% del valore aggiunto estero è oggi prodotto attraverso catene del valore.
A livello mondiale ciò non è tanto il risultato di scelte politiche quanto il frutto del progresso tecnologico nei trasporti, nelle telecomunicazioni, nei computer e nel software che ha reso conveniente lo scambio globale e la frammentazione produttiva.
I benefici dell’integrazione nell’UE
“L’Unione europea, sia per le scelte politiche del passato sia per la vicinanza geografica dei suoi membri, è, per i paesi che ne fanno parte, di gran lunga la più importante area commerciale. La maggior parte del commercio mondiale avviene all’interno di tre grandi blocchi: l’Unione europea, il NAFTA e l’Asia che, nonostante una crescita nelle loro relazioni commerciali, restano relativamente chiusi tra loro, con una quota di scambi al di fuori del blocco inferiore al 15% del prodotto.
Fra questi tre blocchi, aggiunge Draghi, l’Unione europea è il più integrato. Due terzi del commercio europeo sono con altri Stati membri, contro circa il 50% nel caso dell’USMCA e circa il 50% di tutte le attività finanziarie proviene da altri paesi europei. In concreto, ciò significa che l’Italia esporta di più in Spagna che in Cina e più in Austria che in Russia o in Giappone. Nel 2017 gli investimenti tedeschi in Italia sono stati pari a 5 volte quelli americani.
L’Europa ha tratto grandi benefici da questa integrazione. Tenendo conto sia degli effetti diretti derivanti dal commercio, sia di quelli prodotti dalla maggiore concorrenza, si valuta che il mercato unico contribuisca a un livello del PIL per l’Unione europea che è più alto del 9% circa.
“Ma quanto più i vari paesi sono tra loro collegati, tanto più esposti essi sono alla volatilità dei flussi di capitale, alla concorrenza sleale e ad azioni discriminatorie, quindi ancor più necessaria diviene la protezione dei cittadini. Una protezione, costruita insieme, che ha permesso di realizzare i guadagni dell’integrazione, contenendone in una certa misura i costi. Una protezione che attraverso strutture e istituzioni comunitarie limita gli spillover, assicura un uguale livello di concorrenza, protegge da comportamenti illegali, in altre parole, una protezione che risponde ai bisogni dei cittadini, e quindi permette ai paesi di essere sovrani”.