Dumping fiscale, Antitrust: danno economico a Italia di $5-8 miliardi. Rilevante impatto FCA su entrate
Dumping fiscale: altra piaga dell’Unione europea, dove alcuni paesi che possono permettersi di lanciare una tassazione favorevole alle imprese, in quanto non eccessivamente lesiva dei rispettivi conti pubblici, non ci pensano due volte, e aprono piccole oasi di tranquillità fiscale: come l’Olanda, per esempio, o l’Irlanda. A fare il punto della situazione è stato oggi il presidente dell’Antitrust, Roberto Rustichelli, in occasione della sua prima Relazione al Parlamento. Non poteva mancare il riferimento a Fiat Chrysler. Così Rustichelli:
“L’Italia è certamente uno dei paesi più penalizzati. Si pensi ad esempio al rilevante danno economico per le entrate dello Stato causato dal recente trasferimento della sede fiscale a Londra di quella che era la principale azienda automobilistica italiana, nonchè dal trasferimento della sede legale e fiscale in Olanda della società controllante”.
Il fenomeno del dumping fiscale in generale, a parte il caso FCA, arreca all’Italia un danno economico che l’Antitrust ha quantificato tra i cinque e gli 8 miliardi di dollari.
“La concorrenza fiscale – ha detto Rustichelli – genera esternalità negative che costano a livello globale 500 miliardi di dollari l’anno, con un danno per l’Italia stimato tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari l’anno”.
Evidente è la differenza tra i paesi che fanno uso del dumping fiscale e quelli che non possono permetterselo. Dall’analisi dell’Antitrust risulta per esempio che il Lussemburgo, paese di circa 600mila abitanti, raccoglie imposte sulle società pari al 4,5% del Pil, rispetto al 2% risicato dell’Italia.
Anche l’Irlanda (2,7%) fa meglio dell’Italia con un’aliquota particolarmente bassa che è in grado di attrarre imprese decisamente redditizie, con un margine operativo lordo mediamente pari al 69,4% del valore aggiunto prodotto.
E’ ovvio che a risentire di questa situazione sono anche gli investimenti diretti. “L’Italia attira investimenti esteri diretti pari al 19% del Pil, il Lussemburgo pari a oltre il 5.760% del Pil, l’Olanda al 533% e l’Irlanda al 311%”. “Valori in larga parte riconducibili alla presenza di società veicolo”, ha spiegato il numero uno dell’autorità. Che non ha mancato di definire queste economie “veri e propri paradisi fiscali”.
Rustichelli non si è fermato qui: “Questo tipo di malsana competizione è frutto di egoismi nazionali e rischia di incrinare i valori che hanno finora sorretto il processo di integrazione europea”.
E’ di conseguenza “indispensabile ritrovare un approccio strategico comune a livello europeo per porre fine alle distorsioni del mercato attualmente esistenti, assocurando che l’imposta sia versata nel luogo in cui gli utili e il valore sono generati”. Tra l’altro, ha rilevato il presidente dell’Antitrust, proprio la “riduzione degli introiti dovuta agli egoismi di pochi” provocata dal dumping fiscale “impedisce di abbassare le tasse alle imprese e ai cittadini, anzi spesso impone ai governi che la subiscono politiche fiscali più severe”.