Educazione finanziaria: Italia ultima tra i paesi G20, il 28% sovrastima la propria preparazione
L’Italia è l’ultimo paese del G20 per educazione finanziaria. Un giudizio penoso che dovrebbe destare una certa preoccupazione, non tanto per il risultato in sé, quanto piuttosto per le conseguenze sul piano degli investimenti e quindi economico. Sì perchè un basso livello di educazione finanziaria produce accumulo di liquidità che non viene destinata all’economia reale, ossia alle imprese che ne hanno bisogno. E così miliardi di euro di risparmio privato non vengono utilizzati a causa di una scarsa conoscenza (e fiducia) degli strumenti finanziari. Non solo. Gli italiani rimangono indietro nell’aumento di ricchezza personale, perché chi non ha investito in strumenti finanziari ha perso il 30% potenziale in termini reali negli ultimi 15 anni.
E’ ciò che emerge dall’ultima edizione del Global Attractiveness Index 2020 redatto da Aviva Assicurazioni e The European House – Ambrosetti. “La nostra industria ha precise responsabilità per supportare il rilancio del nostro paese e deve agire concretamente per sbloccare la ricchezza che potrebbe finanziare direttamente la ripartenza economica”, ha commentato Ignacio Izquierdo Saugar, CEO di Aviva in Italia.
Dallo studio emerge che un basso livello medio di educazione finanziaria come quello presente in Italia, ultima tra i Paesi del G20 con un punteggio medio di 3,5 su 9, produce un eccessivo accumulo di liquidità. In Italia miliardi di euro di risparmio privato non vengono utilizzati a causa di una scarsa conoscenza degli strumenti finanziari a disposizione dei cittadini. Trend ulteriormente cresciuto durante l’emergenza Covid: i dati della Banca Centrale Europea dicono che gli italiani, solo nel mese di marzo, hanno messo da parte 16,8 miliardi (contro una media mensile di 3,4 miliardi), con un incremento del 254% rispetto allo stesso mese del 2019.
Questo atteggiamento frena lo sviluppo dei mercati finanziari (non a caso l’Italia è l’ultimo Paese in Europa per dimensioni del mercato Venture Capital). Non solo, l’accumulo di liquidità ha anche un costo nascosto, in quanto il valore reale della moneta viene eroso dall’inflazione: chi non ha investito negli ultimi 15 anni ha perso circa il 30% di ricchezza potenziale in termini reali.
Un’ulteriore conferma del basso livello di conoscenza degli strumenti finanziari arriva dalla scarsa adozione di strumenti di investimento da parte degli italiani. I dati di Banca d’Italia rielaborati da The European House – Ambrosetti evidenziano che sono 18,5 milioni le famiglie che non utilizzano strumenti finanziari. Un risultato dovuto anche alla poca fiducia nei confronti degli intermediari finanziari: secondo l’ultimo Rapporto Consob, il 63% della popolazione non si fida degli intermediari finanziari. Come conseguenza, l’80% sceglie il “fai da te”, anche affidandosi a consigli di amici, colleghi e parenti e basandosi su una confidenza eccessiva delle proprie capacità: ben il 28% della popolazione sovrastima la propria cultura finanziaria. Ne deriva che anche chi investe, lo fa senza cogliere le opportunità del mercato. Ad esempio, l’87% della popolazione non investirebbe in SRI, ignorando decine di studi che dimostrano come gli investimenti socialmente responsabili presentano profili di rischio-rendimento migliori.