Effetto coronavirus sui redditi: mezzo milione di nuovi poveri, Coldiretti lancia l’allarme
L’effetto del coronavirus sui redditi delle famiglie si vede già con un aumento drammatico di nuovi poveri. Da nord a Sud si calcola un aumento di mezzo milione di poveri, che hanno bisogno di aiuto per mangiare per effetto delle limitazioni imposte per contenere il contagio e la conseguente perdita di opportunità di lavoro, anche occasionale. A lanciare l’allarme è stata la Coldiretti, in vista della Pasqua. La sua stima evidenzia che si tratta di una nuova fetta rilevante della popolazione che va ad aggiungersi ai quasi 2,7 milioni di persone che già vivono in condizioni di povertà in Italia e che l’anno scorso avevano beneficiato di aiuti alimentari con i fondi Fead distribuiti da associazioni come la Caritas e il Banco Alimentare. Proprio queste due organizzazioni stimano un amento dal 25% al 30% delle richieste di aiuto nel corso del mese di marzo segnato dall’emergenza Coronavirus.
Le situazioni di difficoltà sono diffuse in tutta Italia ma le maggiori criticità, sottolinea la Coldiretti, si registrano nel Mezzogiorno con il 20% degli indigenti che si trova in Campania, il 14% in Calabria e l’11% in Sicilia. Ma situazione diffuse di bisogno alimentare si rilevano anche nel Lazio (10%) e nella Lombardia (9%) dove più duramente ha colpito l’emergenza sanitaria.
Secondo gli ultimi dati Istat, le famiglie italiane spendono per prodotti alimentari e bevande in media 462 euro mensili ma nel mese di marzo, segnato dall’emergenza Coronavirus, si è verificata una accentuata polarizzazione dei consumi e insieme all’aumento degli indigenti è scattata una vera e propria corsa per riempiere il carrello con un aumento dagli acquisti al dettaglio di prodotti agroalimentari del 19% a marzo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, secondo le rilevazioni Ismea. Il risultato è che in quasi 4 case su 10 (38%) sono state accaparrate scorte di prodotti alimentari e bevande con l’accumulo nelle dispense soprattutto nell’ordine, di pasta, riso e cereali (26%), poi latte, formaggi, frutta e verdura (17%), quindi prodotti in scatola (15%), carne e pesce (14%), salumi e insaccati (7%) e vino e birra (5%), secondo le rilevazioni Coldiretti/Ixe.
“Un comportamento pericoloso per la salute, per l’attesa nelle lunghe file, ma che favorisce l’aumento dei prezzi con l’inflazione, le speculazioni dal campo alla tavola e anche – evidenzia la Coldiretti – gli sprechi di cibo in un momento delicato per le forniture alimentari del Paese”.