Fincantieri denuncia paradosso Italia: ‘mancano 6.000 tecnici, ma giovani preferiscono fare rider a 500 euro al mese’
Scoppia il caso Fincantieri, dopo l’allarme-monito dell’AD Giuseppe Bono, che ha ammesso la difficoltà dell’azienda italiana a trovare candidati disponibili a fare i tecnici, i saldatori, i carpentieri.
In Italia, il lavoro che non c’è in realtà c’è: viene da pensarlo a sentire Bono, che lancia una critica spietata nei confronti dei giovani. Il numero uno del colosso attivo nell’industria cantieristica navale si sfoga, nel corso di una tavola rotonda sul lavoro che cambia, in occasione della conferenza di organizzazione della Cisl.
“Abbiamo lavoro per dieci anni e cresciamo a un ritmo del 10%, però sembra che i giovani abbiano perso la voglia di lavorare, ed esorto i genitori a spronarli. D’altra parte, se uno si accontenta di fare il rider a 500, 600 euro… Da noi un lavoratore medio prende 1600 euro: purtroppo mi sembra che abbiamo su questo cambiato cultura”.
D’altronde, “se uno volesse guardare al futuro non si accontenterebbe di fare il rider, anche perché non è che fare il rider è meno faticoso di fare il saldatore”.
Lo sfogo continua: “Sento parlare tanto di lavoro, crescita, infrastrutture, porti, autostrade ed aeroporti. Ma penso che tra un po’ di tempo avremo più università che laureati, più porti che navi, più aeroporti che passeggeri. Questi sono gli sprechi del Paese, vogliamo tutto ma vogliamo che lo facciano gli altri”.
La denuncia di Giuseppe Bono trova conferma nei dati di Unioncamere.
Il Bollettino mensile del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal rende noto che a luglio saranno attivati oltre 428mila contratti, 10mila in più rispetto allo stesso periodo del 2018. Il rapporto conferma tuttavia anche la difficoltà delle imprese a trovare personale con le qualifiche ricercate. “A livello territoriale – si legge nello studio, pubblicato sul quotidiano Il Messaggero – si rileva come nelle aree a maggior vocazione distrettuale si registrano maggiori difficoltà nel reperire figure in ingresso, in particolare nel Nord-Est (34,9% delle entrate) ed in Toscana (32%)”. In particolare, lamentano difficoltà di reperimento alcuni comparti altamente specializzati dell’industria (metallurgico e legno-arredo), ma anche nel settore moda e nella meccatronica (rispettivamente nel 50%, 43%, 41% e 39% dei casi), e nei servizi legati all’ICT (46%)”.
E anche il Sole 24 Ore, che apre l’edizione odierna con il caso Fincantieri, ricorda che Unioncamere-Anpal hanno calcolato come, da qui al 2022, le imprese italiane siano pronte a offrire un posto di lavoro a 469mila tecnici, diplomati Its, laureati nelle discipline “Stem” (Science, technology, engineering and mathematics). E che, a causa del forte “mismatch”, vale a dire competenze dei candidati non in linea con le richieste del mondo produttivo, circa un terzo delle professionalità tecniche necessarie, già oggi, risulta «di difficile reperimento».
Nei “sei settori più rilevanti del made in Italy (quelli che spingono il Pil del Paese, ndr), nei prossimi tre anni, ci sarà necessità di 193mila tecnici (la stima è di Confindustria e tiene conto anche degli effetti di Quota 100); e pure qui, è arcinoto, molte selezioni non andranno a buon fine visti gli attuali numeri dell’offerta scolastica, secondaria e terziaria professionalizzante. Agli Its infatti (che garantiscono un tasso di occupazione che sfiora l’80%, con punte superiori al 90%, a un anno dal titolo – ma che purtroppo ancora pochi conoscono) sono iscritti appena 13mila studenti. Stesso discorso per le discipline tecnico-scientifiche: da noi ogni anno si laurea in queste ‘materie Stem’ solo l’1,4% dei giovani tra i 20 e 29 anni (di cui pochissime donne), a fronte del doppio, e quasi del triplo, a livello internazionale. Inoltre, abbiamo un collegamento tra scuola e mondo del lavoro debole (anzi, l’attuale governo lo sta smontando). Un paradosso nel paradosso. Con effetti gravissimi. L’industria meccanica, solo per fare qualche esempio, considera ‘introvabili’ ingegneri, progettisti, tecnici della gestione dei processi produttivi e conduttori di impianti produttivi; nella chimica-farmaceutica, invece, sono ricercatissimi: analisti chimici, ricercatori farmaceutici, tecnici di laboratorio.
Tutto questo, a fronte di un tasso di disoccupazione giovanile che in Italia si attesta attorno al 30,5%, stando agli ultimi dati Istat. Si è parlato, nel commentare i dati, di boom dell’occupazione: si tratta tuttavia di una crescita che ha interessato soprattutto gli over 50