Fmi conferma stime Pil Italia, ma ‘spazio fiscale limitato’. Nel mondo riesplode incubo bond argentini
Il Fondo monetario internazionale ha confermato l’outlook sulla crescita del Pil italiano per il 2020 e il 2021. E’ quanto emerge dalla G20 Surveillance Note: nel rapporto, l’Fmi ha ribadito le stime snocciolate durante il World Economic Forum di Davos, che vedono il Pil italiano salire dello 0,5% nel 2020 e dello 0,7% l’anno prossimo.
Non è mancato tuttavia da parte dell’istituzione di Washington il monito all’Italia per il debito pubblico troppo elevato: la priorità, si legge nella G20 Surveillance Note, è quella di garantire la sostenibilità del debito, fattore che comporta, per il paese, “uno spazio fiscale limitato” e che implica misure di ulteriore consolidamento fiscale e il lancio di provvedimenti per stimolare la crescita.
A livello mondiale, l’Fmi sottolinea che “dopo il rallentamento dello scorso anno, l’attività economica globale dovrebbe rafforzarsi in via moderata nel 2020“. Tuttavia, “i rischi al ribasso permangono” e la ripresa è vista “fragile”. Tra i rischi viene citato anche il coronavirus con la malattia relativa COVID-19: “una tragedia umana” che sta bloccando l’attività economica in Cina”, con ripercussioni su altre economie.
La direttrice del Fondo Monetario Internazionale Kristalina Georgieva auspica così che i ministri delle finanze e i banchieri centrali dell’area del G20 intervengano per ridurre i rischi legati al commercio, ai cambiamenti climatici e alle disuguaglianze.
Sul caso coronavirus, Georgieva ha affermato che l’economia della Cina potrebbe recuperare in modo veloce nel caso in cui l’emergenza dovesse finire; una eventuale diffusione più marcata del virus si tradurrebbe invece in un “rallentamento più forte e prolungato in Cina”, con conseguenze maggiori a livello globale.
Preoccupazione del Fondo per il debito dell’Argentina, che torna a essere “insostenibile”, dopo che l’anno scorso la situazione del paese era stata considerata “sostenibile, ma non con una probabilità elevata”.
Per questo, l’Fmi ha chiesto ai creditori di fare un sacrificio, sostanzialmente di condividere le perdite. Ciò implica “un periodo di ristrutturazione più lungo e un periodo di tempo più lungo per tornare sul mercato”.
Così si legge in un comunicato del Fondo: “Il surplus primario di cui ci sarebbe bisogno per ridurre il debito pubblico e i bisogni di finanziamento a livelli gestibili e tali da garantire il potenziale di crescita non sono fattibili né da un punto di vista economico né politico”.
“I timori dei creditori sono diventati realtà – ha commentato a Bloomberg Jimena Blanco, responsabile della dviisione di ricerca politica presso la società di consulenza Verisk Maplecroft, di Buenos Aires – Il fondo li sacrifica per salvare la propria posizione. La ristrutturazione dovrà arrivare dal settore privato“.
L’Fmi ha diramato una nota nella giornata di ieri a seguito di una settimana di negoziati con Buenos Aires. Trattative che si sono confermate “molto produttive”.
Il Fondo è stato però costretto a dire che il debito argentino “ha subito un deterioramento significativo” dall’ultima valutazione di luglio. Immediata la reazione dei debiti sovrani argentini, che sono scesi dopo l’annuncio, dopo le forti oscillazioni delle ultime settimane. In particolare, il titolo di stato con scadenza nel 2021 è sceso fino a -1 centesimo a 53 centesimi di dollari.
Il Fondo ha erogato finora all’Argentina un prestito di 44 miliardi di dollari, nell’ambito del piano di bailout record da $57 miliardi varato nel corso della crisi valutaria esplosa nel paese nel 2018. “Si tratta di una cattiva notizia per i detentori di bond, non c’è dubbio su questo”, ha detto un investitore che punta sui mercati emergenti intervistato dal Financial Times.
Un ufficiale del Fondo ha riferito inoltre al quotidiano britannico che, dall’ultima analisi formale del debito argentino effettuata dall’istituzione, pubblicata lo scorso 19 luglio, il peso argentino si è deprezzato di oltre il 40%, gli spread sui bond sovrani si sono allargati di circa 1.100 punti base, le riserve internazionali sono scese di $20 miliardi circa e il Pil reale si è contratto più delle attese. Il mix di questi fattori ha portato il debito pubblico argentino a salire a quasi il 90% del Pil alla fine del 2019, 13 punti percentuali più in alto rispetto alle attese.