Governance: il 58% delle società quotate non prepara piano successione del cda (rapporto)
Più della metà delle società quotate in Italia non prepara un piano di successione dei proprio consigli di amministrazione. E’ questa una delle tendenze che emerge dall’ultimo “Italy Board Index 2017“, il rapporto di Spencer Stuart che analizza le caratteristiche e il funzionamento dei cda delle prime 100 società italiane per capitalizzazione (febbraio 2017), incluse le maggiori dell’indice Ftse Mib. “Nel nostro Paese – spiega il rapporto – non si è ancora sviluppata un’adeguata consapevolezza dei consiglieri su questo tema, benché i regolatori mostrino una marcata attenzione al valore dei piani di successione, per mitigare il rischio prospettico della mancanza di continuità d’azione manageriale ed evitare possibili ricadute, anche reputazionali, sulla società”.
Sul fronte stipendi i presidente italiani delle società analizzate dal Board Index Spencer Stuart 2017 rimangono tra i più pagati al mondo alle spalle degli svizzeri. In particolare, il rapporto mette in evidenza che la media dei compensi totali dei presidenti nell’anno 2016 è stata pari a 879 mila. Su scala internazionale l’Italia resta al secondo posto alle spalle della Svizzera con stipendi pari a 1.913.819 euro, e tra le big europee si posiziona prima di Francia (627.654 euro) e Germania (374.869 euro) e fa meglio anche degli Stati Uniti (346.683 euro). In calo la remunerazione complessiva degli amministratori delegati che è scesa di circa l’11% rispetto all’anno precedente, mentre il compenso totale medio dei consiglieri si è attestato a 135 mila euro all’anno.
Dal rapporto stilato da Spencer Stuart emerge che l’Italia è fanalino di coda sul numero di consiglieri stranieri presenti nei board. “Se si mette a confronto la fotografia dei board delle quotate in Italia con quella delle principali economie a livello internazionale – afferma a.d. di Spencer Stuart, Luigi Paro – emerge che l’Italia è il Paese con il più basso numero di stranieri presenti nel Consiglio rispetto per esempio a Germania (31%) e Francia (37%). Ci sembra rilevante segnalare che più della metà delle società analizzate in Italia non ha nemmeno uno straniero in Consiglio”.