Grecia al voto pronta a punire Tsipras, alias il premier dalle facili promesse che ha consegnato il paese alla troika
Il premier greco Alexis Tsipras, leader di Syriza, uscirà dal voto di domenica con la coda tra le gambe, sancendo la fine di un populismo che è stato sconfitto, prima di tutto, da se stesso? E’ questa la domanda che assilla la stampa internazionale, a poche ore dalle elezioni parlamentari di domenica 7 luglio. Saranno praticamente le prime elezioni della fase post bail-out del paese. Ed è molto probabile che Tsipras si becchi un bel benservito dal popolo ellenico: un benservito che potrebbe/dovrebbe essere di monito per i vari populisti in giro per il mondo.
Al popolo ellenico sembra importare poco che i tassi di interesse a 10 anni siano scesi in misura significativa a partire dal 2015, ovvero da quando il leader di Syriza è diventato premier. I tassi oscillano al momento al di sopra del 2%, rispetto al 3,5% di appena due mesi fa, e sono decisamente crollati rispetto all’apice della crisi, quando erano volati al 44%.
LE CONDIZIONI IN CUI VERSA OGGI L’ECONOMIA GRECA
- Al momento il debito-Pil della Grecia si attesta al 180%, rispetto al 132% dell’Italia.
- Rispetto al 2007, il Pil della Grecia oscilla tuttora a livelli inferiori di ben il 24%
- Oltre al tasso di disoccupazione record in Europa, che per i giovani si aggira attorno al 40%, molti cittadini greci lamentano condizioni di lavoro pessime, contraddistinte da salari bassi: secondo i dati del governo, più del 10% delle 37.270 aziende che sono state ispezionate lo scorso anno, ha dipendenti non assicurati.
Recentemente, è stato lo stesso ex ministro delle finanze ed economista Yanis Varoufakis a denunciare come stanno di fatto le cose in Grecia, dopo anni di austerità. Varoufakis ha parlato di “condizioni insostenibili di austerity che i creditori della Grecia (la famosa troika – Bce, Ue e FMI) hanno imposto” ad Atene. Tra queste, “il raggiungimento di un avanzo primario permanente (esclusi i rimborsi dei debiti) pari al 2,2%-3,5% del Pil, entro il 2060, che costringe “le aziende elleniche a versare allo stato, in media, il 75% dei loro utili (inclusi i contributi previdenziali)”. Una percentuale monstre, rispetto, per esempio, “al carico fiscale della Bulgaria, che non supera il 22%”. Che poi la borsa di Atene e gli stessi bond greci siano volati, agli elettori ellenici, alle prese con la disoccupazione e con le conseguenze delle misure inflitte dal ‘traditore’ Tsipras, importa davvero poco.
TSIPRAS, IL NUOVO HA SALVATO LA GRECIA, MA L’HA ANCHE TRADITA
Considerato astro nascente della politica di Atene, Alexis Tsipras è salito al potere nel 2015, promettendo la fine dell’austerità imposta dai piani alti di Bruxelles. Il risultato è stato una tragedia, è il caso di dirlo, greca. Conti magari più sotto controllo, e sicuramente migliori di quelli disastrati dell’era pre-troika. Peccato che l’economia rimanga azzoppata da quelle manovre di lacrime e sangue contro cui si era scagliato lo stesso Tsipras, prima di salire al potere.
Dopo sei mesi di trattative disastrose con l’Ue, ben riassunte nel termine Grexit – termine che venne coniato per indicare il rischio che il paese uscisse dall’euro – il giovane premier, oggi 44enne, fu costretto a capitolare, accettando quello che fu il terzo piano di salvataggio, bailout, per la Grecia. Un piano di salvataggio che tanti greci tuttora non gli perdonano. Tanto da voler punire Tsipras proprio nel segreto delle urne.
Così commenta gli anni di Tsipras l’esperto di politica George Flessas, intervistato dalla France Presse: “il partito Syriza di Tsipras ha tradito molte delle promesse fatte e ha affossato le speranze dei suoi sostenitori, adottando una politica di austerity che ha colpito in modo significativo soprattutto la classe media“.
Sicuramente, effetti positivi sui conti pubblici e sui mercati finanziari, la politica del movimento li ha prodotti. Non per niente, in questi giorni di campagna elettorale, Tsipras ha ricordato alcune misure pro-crescita varate dal suo governo, facendo notare come il tasso di disoccupazione sia sceso di otto punti circa e come il salario minimo sia stato aumentato per la prima volta dal 2012. Tsipras & Co hanno lanciato a maggio anche un piano per tagliare le tasse. Un piano che, però, sembra avere tutte le caratteristiche di una trovata last-minute.
Dunque, niente da fare. Quei voti che Tsipras ha perso, sembrano ormai irrecuperabili.
Andreas Tsanavaris, ex attivista di Syriza, decreta la fine di un sogno: “Nel 2015, Syriza rappresentava speranza e rinnovamento politico. Ora, è un partito come tutti gli altri”. Christos Maravlis, anche lui interpellato dalla France Presse, che nel 2015 votò per l’attuale premier, conferma che molti cercheranno di “punire Syriza per aver tradito il popolo greco”.
E’ stato lo stesso Tsipras a indire le elezioni anticipate, nel mese di giugno, dopo la cocente sconfitta, alle elezioni del Parlamento europeo del 26 maggio scorso, contro il leader del partito Nea Dimokratia, Kyriakos Mitsotakis.
ELEZIONI GRECIA: FAVORITO PARTITO CENTRO-DESTRA DI NEA DIMOKRATIA
I sondaggi danno per favorito il partito Nea Dimokratia, (in italiano Nuova democrazia) che, ironia della sorte, venne battuto anni fa, nelle elezioni del 2015, proprio dalle promesse di Syriza. Figlio dell’ex primo ministro greco Konstantinos Mitsotakis, laureato ad Harvard, ex banchiere, Kyriakos deve la sua nomina a leader del partito soprattutto all’ala estremista di destra – come fa notare un articolo di Politico – , guidata dall’ex premier e leader del partito Antonis Samaras e da Adonis Georgiadis, ex ministro della Salute nel governo di Samaras e al momento vice presidente di Nuova Democrazia. Georgiadis viene considerato un personaggio controverso ed è stato accusato anche di anti-semitismo.
Nea Dimokratia è il principale partito di centro-destra della Grecia e uno dei due principali partiti insieme al rivale storico, il partito dei socialisti PASOK (Panhellenic Socialist Movement). E’ stato al governo per due anni e mezzo fino al 2015, anno di svolta della Grecia, che ha scelto Tsipras. A quel punto, il partito è diventato la principale voce di opposizione nel Parlamento ellenico.Ora, la situazione si è capovolta. Syriza è diventata il vecchio, Nea Dimokratia il nuovo. Il paradosso è che la Grecia era precipitata nel caos proprio mentre al governo c’era il centro-destra.
“Negli anni compresi tra il 2010 e il 2014, il popolo greco ha sofferto tasse più alte, tagli agli stipendi e alle pensioni, un rialzo della disoccupazione e un’economia ampiamente in contrazione. La disperazione della gente ha dato il via a forti proteste nelle strade, con i greci che hanno cercato i presunti colpevoli (delle loro disgrazie). Alexis Tsipras e il suo partito di estrema sinistra sono stati visti come i salvatori”, ha commentato alla Cnbc Athanasia Kokkinogeni, analista senior per l’Europa presso la società di consulenza DuckerFrontier.
Il punto è che ora, agli occhi degli elettori, dopo aver infranto troppe promesse, Tsipras è il vecchio e Nuova democrazia il nuovo. Quest’ultimo partito, c’è da dire, ha virato bruscamente a destra, ottenendo un ampio consenso soprattutto per essersi opposto all’accordo di Prespa tra la Grecia e la Macedonia del 2018: accordo con cui Syriza ha deciso di far cadere tutte le obiezioni che Atene aveva posto nel percorso che il paese aveva imboccato per aderire alla Nato e all’Unione europea. L’accordo, che è stato concluso tra Tsipras e il macedone Zoran Zaev, ha cambiato il nome della Macedonia in Repubblica della Macedonia del Nord.
E ha anche scatenato la rabbia di diversi nazionalisti. Notevoli le manifestazioni di inizio anno tra cui quella imponente che, secondo quanto riportato dall’Agi, ha radunato 60.000 persone da tutta la Grecia (secondo le stime della polizia, 100.000 secondo quelle degli organizzatori) a Piazza Syntagma, nel centro di Atene. Nea Dimokratia ha cavalcato la protesta, promettendo di porre il veto all’ingresso di Skopje nel blocco europeo e nella Nato, facendo così felici gli elettori nazionalisti, che avevano guardato all’intesa come a un altro segnale di debolezza di Tsipras nei confronti dell’Occidente. E accumulando nuovi consensi, che ora, secondo altri sondaggi, potrebbero essere superiori anche al 40%.
COSA I GRECI NON PERDONANO AD ALEXIS TSIPRAS
Di base, ciò che i greci non sono pronti a perdonare a Tsipras è sicuramente lo stato dell’economia del paese, che continua a soffrire ancora le conseguenze degli anni di austerity che Syriza, capitolando di fronte alla troika, ha alla fine imposto al popolo. Il tasso di disoccupazione, per esempio, sarà sceso anche di otto punti, come afferma il premier, ma rimane tuttora molto alto, attorno al 18,5% lo scorso aprile, il più alto in Europa; ed è pari a quasi il 40% per i giovani di età compresa tra 15 e 24 anni.
L’Agi ricorda inoltre proprio oggi che Tsipras ha lanciato misure di austerità pari a 65 miliardi di euro, a fronte di prestiti elargiti da Ue, Bce e Fmi per un totale di 289 miliardi di euro in tre programmi successivi nel 2010, nel 2012 e nel 2015. Tra le misure più impietose, i tagli alle pensioni e alle agevolazioni fiscali per il 2019 e il 2020.
Dal canto suo, Mitsotakis ha conquistato la simpatia dell’elettorato, promettendo di abbassare le tasse sulle aziende dal 28% attuale al 20% entro l’arco di 24 mesi, e di ridurre quelle sugli immobili di quasi un terzo, in due anni. Tra le altre promesse, quella di tagliare le imposte sui redditi e di dividere in due categorie l’Iva (11% e 22%).
Stando all’esito del sondaggio Alco, Syriza avrebbe il sostegno del 24,3% dell’elettorato, ben al di sotto di quello di Nuova Democrazia, pari al 34% e decisamente al di sotto del 36,3% ottenuto nel 2015. Un altro sondaggio, quello di Pulse segnalato dal Guardian, ha segnalato che i conservatori di Nea Dimokratia avrebbero un vantaggio su Syriza pari a otto punti percentuali. Se tale vantaggio venisse confermato, il partito di Mitsotakis guadagnerebbe tra i 155 e i 159 seggi in Parlamento, confermando il successo che ha incassato nelle elezioni europee di maggio e che ha costretto Alexis Tsipras a indire le elezioni anticipate, tre mesi prima del previsto.