Green bond: ecco perché la sostenibilità sarà la nuova normalità del mercato obbligazionario
Il mercato obbligazionario si tingerà sempre più di verde. I green bond, i cosidetti bond collegati in qualche modo alle soluzioni dei cambiamenti climatici, sono destinati ad aumentare così tanto da diventare la nuova normalità del mercato. Nel 2019 questa tipologia di obbligazioni ha vissuto un anno eccezionale, con emissioni che hanno registrato il massimo ammontare di tutti i tempi, pari a poco più di 250 miliardi di dollari, segnando così un aumento del 50% rispetto al 2018. A questo ritmo, già nel 2020 si potrebbe superare la soglia di 350 miliardi di dollari, il che porterebbe le emissioni green a rappresentare il 5% delle obbligazioni globali.
Ne sono convinti gli esperti di MainStreet Partners, James Hay (Investment Associate) e Pietro Sette (Research Analyst), che hanno condotto uno studio sul caso. “Dal primo Climate Awareness Bond emesso dalla Banca Europea per gli Investimenti nel 2007, la finanza verde si è evoluta oltre ogni aspettativa ed è cresciuta fino a diventare un mercato da 700 miliardi di euro – hanno sottolineato i due esperti – Alla luce della maggiore sofisticazione e varietà degli emittenti, dal 2020 ci aspettiamo ancora più aziende e governi accedere al mercato obbligazionario con prodotti altrettanto innovativi e di impatto”.
Le emissioni più significative del 2019
La più grande emissione nel 2019 ha riguardato il green bond da 6 miliardi di euro dei Paesi Bassi, volto a supportare diverse tipologie di progetti, tra cui anche soluzioni mirate a minimizzare gli effetti del cambiamento climatico, come barriere di protezione da esondazioni ed alluvioni fuori dalla norma. Un’altra emissione verde da segnalare è quella da circa 3 miliardi di dollari proposta da Noor Energy che, ad oggi, rappresenta la più grande mai emessa in un Paese nell’area del Medio Oriente. Questo evento assume particolare importanza data la scarsa attenzione verso la finanza sostenibile della regione, a fronte di un grande potenziale, sia in termini di mezzi finanziari che di risorse naturali (come la persistente radiazione solare caratteristica dell’area).
La maggior emissione di green bond del 2019 da parte di una società pubblica è stata invece lanciata dalla tedesca E.ON, per un corrispettivo di 1,5 miliardi di euro. La società investirà in contatori smart e progetti di energia rinnovabile che contribuiranno al raggiungimento del target del 40% di elettricità prodotta da fonti rinnovabili, fissato per il 2020.
Dall’avvio del mercato dei green bond ad oggi, le banche di sviluppo, le società finanziarie e quelle non-finanziarie hanno emesso ciascuno circa 150 miliardi di dollari di obbligazioni. I governi sono leggermente indietro, con emissioni pari a 50 miliardi di dollari. Tuttavia, nel 2019 il loro interesse verso questo strumento è cresciuto considerevolmente: un esempio significativo è il Cile, che ha emesso tre green bond sovrani per un totale di circa 3 miliardi di dollari.
Forse non sorprende notare che la Bei (Banca Europea per gli Investimenti) è ad oggi il più grande emittente europeo di debito green, con 33 miliardi di dollari destinati a progetti legati al clima. Una decisione molto importante presa lo scorso novembre, sancirà la fine, a partire al 2022, dei finanziamenti della banca ad attività legate ai carburanti fossili. Le aspettative sono che, entro il 2025, la Bei dedichi metà dei suoi investimenti totali a progetti legati al clima.
Quali novità in arrivo?
I green bond sono nati come strumento per raccogliere capitale a favore di specifiche attività pro-clima, tuttavia escludono il finanziamento di attività volte a ridurre l’impronta ambientale di business inquinanti. Per sopperire a questa mancanza, ecco i Transition bond, che finanziano progetti volti a ridurre l’impatto ambientale della compagnia che ha emesso l’obbligazione. Entrambe le tipologie di strumenti, richiedono all’emittente di assegnare i fondi reperiti sul mercato a specifici progetti e di pubblicare una documentazione che delinei in maniera trasparente il relativo utilizzo. A completamento del quadro, sono nati i Sustainability-linked bond che non presentano specifiche clausole di utilizzo dei capitali ma si pongono chiari target sociali e/o ambientali, al raggiungimento dei quali è legato il costo del finanziamento.
Occhi puntati sulla regolamentazione europea
Come hanno dimostrato i Paesi Bassi con la loro emissione da 6 miliardi di euro, alcuni dei progetti di lotta al cambiamento climatico potrebbero essere finanziati da obbligazioni sovrane green. La maggior parte dei governi che lo sta già facendo si trova in Europa. Ma il continente vedrà la sua leadership crescere ulteriormente nel 2020 con la messa in atto del Green New Deal e della tassonomia europea sugli investimenti sostenibili. La versione finale della tassonomia che definisce le attività green è stata pubblicata dalla Commissione Europea a giugno 2019 e da allora è stata sottoposta ad una consultazione pubblica e all’approvazione del Parlamento.
In questa direzione va anche la recente pubblicazione degli standard per i cosiddetti “climate benchmarks”. Questi standard prevedono due tipi di indici a livello europeo: il Paris-aligned benchmark (PAB) e il Climate Transition benchmark (CTB), che richiedono rispettivamente una decarbonizzazione del 50% e del 30%, relativamente all’universo d’investimento sottostante o all’indice di riferimento. I fondi d’investimento sostenibili dovranno quindi rapportare la loro impronta ambientale con il PAB o il CTB, evidenziando quindi la performance ambientale del fondo.