Il caso Borghi: dopo aver spaventato mercati si spiega. ‘Ignorata parte in cui dicevo che da euro non si esce’
A conferma di come i mercati siano ostaggio delle dichiarazioni che vengono rilasciate da ogni esponente del governo M5S-Lega è, oggi, il caso che vede protagonista Claudio Borghi, e che viene successivamente commentato da lui stesso. In un’intervista rilasciata ai microfoni di Radio Anch’Io, Borghi ha affermato stamattina di essere convinto che “l’Italia con una propria moneta risolverebbe la stragrande maggioranza dei propri problemi”, aggiungendo che, tuttavia, “sappiamo benissimo che per fare questo ci vuole consapevolezza da parte dei cittadini”.
E’ bastata la prospettiva di una moneta propria dell’Italia, tra l’altro presentata dallo stesso economista della Lega che ha proposto i cosiddetti mini-bot (che i mercati avevano subito etichettato come moneta parallela, contrariamente a quanto aveva detto lo stesso Borghi), a spaventare nuovamente i mercati, già alle prese con le dichiarazioni del presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker e, prima ancora, del Commissario Ue agli Affari economici e monetari Pierre Moscovici.
Borghi è così stato costretto a fare alcune precisazioni, non senza un tono di polemica: L’uscita dell’Italia dall’euro non è nel contratto di Governo – ha ricordato, precisando di aver detto a Radio Anch’Io di essere si “convinto che l’Italia starebbe meglio con la sua moneta”, ma di avere anche aggiunto che “la cosa non è nel contratto di governo”. E ovviamente, ha sottolineato su Twitter, “la seconda parte non è stata citata”.
Detto questo, un sassolino dalla scarpa il presidente della Commissione bilancio della Camera se lo toglie:
“Il fatto che ‘l’euro crolli per le dichiarazioni di Borghi a Radio anch’io’ dovrebbe far capire anche ai più addormentati la presa in giro della moneta forte che tutela dalle speculazioni”.
L’ennesimo equivoco, dunque, che ha fatto salire stamattina lo spread fino a 300 pb, portando contestualmente i tassi sui BTP decennali a volare al record in quattro anni, al 3,4%.
Prima, nella giornata di ieri, si sono messi in evidenza i toni allarmistici del commissario Ue agli Affari economici e monetari, il francese Pierre Moscovici, che ha parlato di una manovra che presenta di primo acchito una deviazione molto, molto significativa rispetto ai vincoli di bilancio Ue. Nella stessa giornata, la dose è stata rincarata dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che ha paventato la fine dell’euro con l’Italia, laddove ha detto che e “se l’Italia vuole un trattamento particolare supplementare, questo vorrebbe dire la fine dell’euro”. Dunque, ha continuato Juncker, “bisogna essere molto rigidi” con Roma.
Le reazioni dei leader politici italiani non si sono fatte attendere. Forte soprattutto la risposta del vicepremier Luigi Di Maio, che ha citato espressamente Moscovici.
“Stamattina (ieri mattina per chi legge) a qualcuno non andava bene che lo spread non si fosse impennato. Moscovici, che non è italiano, si è svegliato e ha pensato bene di fare una dichiarazione contro l’Italia, contro il Def italiano e creare tensione sui mercati”.
“Per fortuna – ha continuato Di Maio, mentre Piazza Affari capitolava a causa delle parole di Moscovici e lo spread si impennava superando quota 280 – la Borsa sta per chiudere. Da domani continueremo a spiegare che il 2,4% non è una misura molto lontana da quella che facevano altri. Solo che se lo fa la Lega e il M5s non va bene”.
Ancora Di Maio: “C’è qualche istituzione europea che con le sue dichiarazioni gioca a fare terrorismo sui mercati”.
Anche il ministro dell’economia Giovanni Tria ha detto la sua, reagendo in particolare alle parole di Juncker:
“Non ci sarà nessuna fine dell’euro. Io non ho parlato con Juncker, ho parlato con Moscovici e Dombrovskis, sarà un’idea di Juncker”.