Il Def della crisi, sia economica che politica. Incognita flat tax, mentre Tria minaccia aumento Iva
Il Def della crisi: crisi non solo economica, ma anche crisi interna al governo, soprattutto tra il ministro Tria e i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Oggetto del contenzioso, la flat tax, che il leader della Lega e ministro dell’Interno ha chiesto all’interno del Documento di economia e di finanza. Il problema non è di poco conto, se si considera che, stando a diverse indiscrezioni, il titolare del Tesoro avrebbe lanciato un avvertimento molto chiaro. La Repubblica, nell’articolo che dedica al varo del Def da parte del Consiglio dei ministri, scrive:
“Def, il ministro Tria gela i vicepremier: “Per fare la flat tax dobbiamo aumentare l’Iva. Salvini e Di Maio per una volta tanto sono d’accordo: “Questo governo non lo farà mai” .
Idem il Messaggero: “Nella riunione del cdm Salvini insiste con la flat tax. Tria non si scompone e con il consueto disincanto spiega al leader della Lega che se il governo intende rivedere le aliquote sarà difficile sterilizzare le clausole Iva. Un avvertimento che provoca la reazione del ministro Di Maio, secondo il quale è assurdo diminuire le tasse per una parte dei contribuenti e aumentare l’ Iva”.
Alla fine del CdM Salvini afferma di avere un “giudizio positivo” sul Documento di economia e finanza, precisando che “non si torna indietro su quota 100”, che non ci sarà alcun aumento dell’Iva, e che la Flat tax si farà. “Dopo Partite Iva, artigiani e commercianti, toccherà a famiglie e dipendenti: la Lega al governo è garanzia di riduzione delle tasse”.
Indicativo è un’infografica di Ansa Centimetri che illustra la flat tax già entrata in vigore e quella per le famiglie su cui punta Matteo Salvini.
Per avere un’idea più chiara della proposta flat tax di Matteo Salvini, vale la pena ricordare come funziona al momento l’Iperf. Il Sole 24 Ore ricorda che oggi l’ “Irpef è calcolata in base al reddito di ciascun contribuente ed è strutturata in cinque aliquote organizzate sul principio di progressività: a partire dal secondo scaglione le aliquote si applicano cioè solo sulla parte di reddito che eccede quella dello scaglione precedente. Si parte innanzitutto dalla no tax area dei redditi fino a 8.174 euro. Poi iniziano gli scaglioni. Fino a 15 mila euro annui scatta l’aliquota al 23%, da 15.001 a 28 mila euro al 27%; da 28.001 e 55 mila euro al 38%, da 55.001 a 75 mila euro al 41%; mentre oltre i 75 mila è al 43%”.
In realtà poche sono le indicazioni che riguardano l’inserimento della flat tax nel Def. Una nota di Palazzo Chigi si limita a parlare di “una azione di riforma fiscale in progressiva attuazione di un sistema di flat tax come componente importante di un modello di crescita più bilanciato”. Il passaggio con l’indicazione delle aliquote sarebbe saltato. Non per niente così scrive Il Corriere:
“I ministri Salvini e Di Maio si sono scontrati con Tria anche perché nel documento finale la flat tax, cara al mondo leghista, è finita in una parentesi. Sono sparite inoltre le due aliquote (con fasce di prelievo del 15 e del 20%) contenute nella prima bozza. Anche se c’è l’impegno a tagliare l’Irpef per il ‘ceto medio’.
Flat tax a parte, sicuramente il Def appena sfornato certifica una sorta di ‘Benvenuti nel mondo reale’ per i vari Giuseppe Conte (che parlava di 2019 come di un anno bellissimo), Luigi Di Maio (che prevedeva addirittura un boom economico) e in sintesi dell’intero governo M5S-Lega.
La crescita del Pil italiano è attesa pari a +0,2%, rispetto al +1% iscritto nella legge di bilancio 2019 e al +1,5% stimato lo scorso settembre dal governo M5S-Lega. La crescita ha un sostegno pari a +0,1% che arriva dai decreti crescita e sbloccacantieri, entrambe misure che, tuttavia, non sono pronte.
Il deficit-Pil è atteso al 2,4%, mentre il debito pubblico è previsto in crescita al 132,7% del Pil; peggioramento anche per il deficit strutturale, che è quello che la Commissione europea guarda più attentamente, atteso a -1,6% nel 2019.
Inoltre, dalla riunione del CdM emerge un altro fatto inquietante, soprattutto per il M5S: Non è stato ancora approvato, e rimane dunque in sospeso, il decreto per risarcire i risparmiatori truffati dalle crisi bancarie degli ultimi anni. Questo, nonostante le rassicurazioni del sottosegretario all’Economia Bitonci, che aveva garantito che nel Cdm sarebbero state approvate le modifiche alla legge di Bilancio necessarie per permettere il varo dei decreti attuativi, così come concordato con la Ue e approvato dalla stragrande maggioranza delle associazioni dei risparmiatori“.
Come se non bastasse, Federico Fubini scrive sul Corriere che un’altra minaccia incombe sui conti italiani. Il giornalista parla di un rapporto, approdato ieri alla Commissione europea “che, chiunque sieda a Palazzo Chigi a quel punto, complicherà l’estate del governo”.
“Prima ancora del Documento di economia e finanza approvato nel pomeriggio – racconta il giornalista -, anche a Bruxelles ieri mattina è stato letto con cura un testo in apparenza meno controverso: l’aggiornamento dell’Istat, l’istituto statistico, sul prodotto interno lordo e l’indebitamento delle amministrazioni pubbliche’ per il 2017 e i l 2018. Lì si trova il bandolo di ciò che può accadere all’Italia prima ancora che in autunno vengano al pettine i nodi della legge di bilancio”.
“Nella Commissione Ue si stanno ancora facendo i conti, ma un risultato sembra assodato: nel 2018 non c’è stato o quasi ‘aggiustamento strutturale’. Nessun miglioramento del deficit, in altri termini, una volta stimate le misure passeggere e l’effetto della situazione momentanea dell’economia. Lo ha del resto notato ieri anche il Fondo monetario internazionale nel suo ultimo rapporto: vede in Italia un deficit strutturale in peggioramento (seppure lieve) nel 2018 rispetto all’anno prima. E questo significa che “nella Commissione Ue si stanno ancora facendo i conti, ma un risultato sembra assodato: nel 2018 non c’è stato o quasi “aggiustamento strutturale”.
Quale sarà, a questo punto, la punizione che Bruxelles deciderà di infliggere all’Italia?