Impresa: avviare un’attività in Italia? Ecco le maggiori difficoltà tra costi e burocrazia
L’Italia è un paese dove è difficile fare impresa, più difficile che in altri paesi d’Europa. I nemici numero uno sono rappresentati dai costi troppo elevati richiesti per avviare un’attività, per le problematiche e le tempistiche legate al recupero crediti nel caso di un fallimento e, infine, la mole della burocrazia tra incartamenti, permessi e adempimenti vari.
Sebbene abbia guadagnato quattro posizioni rispetto alla rilevazione precedente, l’Italia si posiziona al 14esimo posto nella classifica generale tra i 19 paesi dell’area euro sulla facilità di fare impresa, elaborata della Banca Mondiale (Doing Business 2018). L’Italia risulta però ultima della graduatoria sia per quanto riguarda il costo per avviare un’impresa, sia per l’entità dei costi necessari per recuperare i crediti nel caso di un fallimento. Non solo. Terzultimo posto sia per quanto riguarda il numero di ore annue necessarie per pagare le imposte, sia per il numero di giorni indispensabili per ottenere una sentenza a seguito di una disputa commerciale (1.120 giorni, ovvero poco più di 3 anni). L’Italia occupa il quart’ultimo posto, invece, per quanto concerne il numero di giorni che sono necessari per ottenere il permesso per la costruzione di un capannone (227,5 giorni, pari a 7,5 mesi).
Ma non è tutto. Le imprese italiane sono soffocate da una mala burocrazia che sottrae soprattutto alle società più piccole sempre più tempo e risorse per compilare un numero esagerato di adempimenti, di certificati e per onorare una moltitudine di scadenze disseminate lungo tutti i 12 mesi. Questa criticità costa al sistema delle Pmi italiane 31 miliardi di euro ogni anno, secondo quanto rilevato dall’ufficio studi della Cgia di Mestre.
“Una cifra spaventosa – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – in parte imputabile anche al cattivo funzionamento della macchina pubblica che ormai sta diventando la principale nemica di chi fa impresa. Sempre più soffocate da timbri, carte e modulistica varia, questa Via Crucis quotidiana costa a ognuna di queste Pmi mediamente 7.000 euro all’anno”.
Incomunicabilità, mancanza di trasparenza, incertezza giuridica e adempimenti troppo onerosi hanno generato un velo di sfiducia tra le imprese e la Pubblica amministrazione, soprattutto nel Sud Italia, dove la qualità della Pa è preoccupante. Lo rivela una indagine condotta dalla Commissione Europea sulla qualità della Pubblica Amministrazione a livello territoriale: rispetto ai 192 territori interessati dall’analisi realizzata nel 2017, le principali regioni del Centro-Sud d’Italia compaiono per 8 volte nel rank dei peggiori 20, con la Calabria che si classifica addirittura al 190° posto.