Imprese: 40mila a rischio usura. Turismo e Sud i più colpiti
Sono circa 40mila le imprese seriamente minacciate dall’usura che risulta in crescita e che è ancora più grave, in particolare, nel Mezzogiorno e nel comparto turistico-ricettivo.La ripresa dei consumi è ancora molto debole e insufficiente e in questo scenario, i maggiori problemi per le imprese del terziario sono rappresentati dalla perdita di fatturato, lamentata da quasi il 38% degli imprenditori, e dalla mancanza di liquidità che, insieme alla difficoltà di accesso al credito, rappresenta un forte ostacolo all’attività per il 37% delle imprese. A questo si aggiungono le difficoltà derivanti dagli adempimenti burocratici e dalla gestione delle norme sanitarie che rende sempre più fragile il sistema imprenditoriale – che, dal 2019 ad oggi, vede quasi raddoppiato il numero di imprese che non hanno ottenuto il credito richiesto – risultando, pertanto, sempre più esposto al rischio usura.
Usura: l’indagine di Confcommercio
Questi i principali risultati che emergono da un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio sulla percezione dell’usura tra le imprese del commercio e dei servizi. “La crisi economica provocata dall’emergenza sanitaria, che sta mettendo a durissima prova il mondo imprenditoriale, rischia di favorire lo sviluppo di fenomeni criminali. Soprattutto l’usura con migliaia di imprese nel mirino della malavita organizzata, un pericolo reale che va affrontato. Servono allora aiuti efficaci per le aziende più colpite dagli effetti del Covid. Dunque, ampie moratorie fiscali e dei prestiti bancari e più indennizzi a fondo perduto per ridare ossigeno alle imprese”: così il Presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, commenta l’analisi dell’Ufficio Studi della Confederazione sulla percezione dell’usura tra le imprese del commercio e dei servizi diffusa oggi. La riduzione del volume d’affari (37,5%), la mancanza di liquidità e le difficoltà di accesso al credito (36,9%), la gestione delle procedure per adeguarsi alle norme sanitarie (13,5%) e le problematiche connesse agli adempimenti burocratici (12,1%) sono le problematiche che hanno interessato da aprile ad oggi le imprese del commercio al dettaglio, dell’abbigliamento, della ristorazione e quelle del comparto turistico (strutture ricettive e balneari).
La situazione di fragilità in cui si sono venute a trovare le imprese durante e dopo il lockdown – a causa soprattutto del combinato disposto del crollo dei consumi, della mancanza di liquidità anche per effetto della stretta creditizia e dell’aumento dei costi legati al rispetto delle normative igienico-sanitarie – ha di fatto, costretto un numero sempre maggiore di imprese a ricorrere a prestiti al di fuori del mercato ufficiale.