Imprese familiari guidano la ripresa, ma tassazione e passaggio generazionale le mettono a rischio
Cresce il peso delle medie imprese familiari sull’economia dell’Italia, in termini di produzione, occupazione ed esportazioni. Nell’ultimo ventennio queste aziende hanno rafforzato il proprio peso raddoppiando le vendite e segnando un incremento della forza lavoro di quasi il 30%, mentre il loro export è cresciuto di 10 punti, dal 33% al 43%. E oggi l’attuale miglioramento del clima congiunturale le porta a guidare la ripresa del manifatturiero italiano, specie sui mercati esteri grazie al brand del Made in Italy. Questa la fotografia scattata dall’indagine annuale sulle Medie imprese industriali italiane, realizzata da Mediobanca e Unioncamere. Dalla ricerca, tuttavia, emergono ancora forti limiti, come una tassazione penalizzante e un passaggio generazionale ingessato, che potrebbe mettere a rischio il settore.
Il Made in Italy guiderà le esportazioni, soprattutto nell’agroalimentare
La forza del “brand” made in Italy dovrebbe ulteriormente sostenere la dinamica delle esportazioni quest’anno, tanto che ben la metà delle medie imprese si attende di poter espandere le proprie vendite all’estero, rispetto ad appena l’8% che punta a riconfermare i risultati del 2016. Particolarmente incoraggianti sono le previsioni delle medie imprese del settore agroalimentare. Nonostante questa apertura oltre i confini, la base produttiva delle medie imprese resta italiana: ogni 10 siti produttivi, solo due sono all’estero e di questi il 60% è
collocato nell’Unione Europea o in Nord America.
Chi sale e chi scende: il farmaceutico si afferma come nuova eccellenza italiana
La crisi ha toccato con severità il settore dei beni per la persona e la casa il cui contributo al valore aggiunto delle medie imprese è caduto dal 28% al 19%; si sono contratti anche i comparti della carta ed editoria (dal 5,6% al 4,5%) e della metallurgia (dal 5,7% al 4,7%). Tra le attività più brillanti invece si annoverano la meccanica (dal 35,5% al 39,1%), l’alimentare (dal 12,1% al 15%) e soprattutto il farmaceutico cosmetico che, crescendo dal 10,6% al 15,1%, diventa rilevante come l’alimentare e si afferma come nuova eccellenza italiana.
Una tassazione troppo elevata e il dilemma del passaggio generazionale
Le medie imprese italiane scontano però anche alcuni limiti. In primis la tassazione che resta penalizzante: il 33% contro il 25,6% delle grandi imprese, anche se il carico fiscale appare in alleggerimento (era al 40% nel 2011). La fascia di imprese più tartassata sostiene ancora un’imposizione pesante (54% circa), ma negli anni precedenti arrivavano a versare al fisco oltre il 90% dei propri utili. Se le medie imprese avesse beneficiato dal 1996 del minore carico fiscale dell’ultimo anno, avrebbero risparmiato circa 15 miliardi di imposte, pari a circa il 20% del proprio patrimonio.
A questo si aggiunge, per circa metà delle imprese familiari, il problema del passaggio generazionale, reso complicato da resistenze psicologico-affettive (46% dei casi) o dalla difficoltà a trovare nel perimetro familiare competenze adeguate. L’apertura ai manager esterni è modesta o nulla nel 70%
delle medie imprese e la chiusura alle competenze esterne penalizza la redditività anche di un paio di punti. Non solo. Il 40% dei board ha una età media superiore ai 60 anni (25% per le medie imprese manageriali).