Intelligenza Artificiale: in Italia ancora agli albori. Per il lavoro l’automazione è un’opportunità
Agli albori ma con grandi prospettive il mercato italiano dei progetti di Intelligenza Artificiale. Nel 2018 le imprese hanno speso appena 85 milioni di euro e attualmente solo il 12% delle imprese ha portato a regime almeno un progetto di intelligenza artificiale, mentre quasi una su due non si è ancora mossa ma sta per farlo. Questi alcuni dei risultati emersi dalla ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano.
Imprese italiane e Intelligenza artificiale: prevale la confusione
Le imprese italiane hanno una visione ancora confusa delle opportunità dell’Artificial Intelligence. Ben il 58% delle aziende prese a riferimento dalla ricerca associa l’IA ad una tecnologia capace di replicare completamente la mente umana, il 35% a tecniche come il Machine Learning, il 31% ai soli assistenti virtuali, mentre solo il 14 ha compreso che l’AI mira a replicare specifiche capacità tipiche dell’essere umano (la visione prevalente nella comunità scientifica). L’Artificial Intelligence è una sfida in cui in Italia ancora pochi si sono già cimentati: solo il 12% delle aziende intervistate ha un progetto a regime, l’8% è in fase di implementazione, mentre il 31 ha in corso dei progetti pilota e il 21 ha invece stanziato del budget per concretizzare un’idea progettuale. Poco meno di un terzo delle imprese associa in modo esplicito l’Artificial Intelligence ad uno dei suoi principali campi di applicazione, dimostrando una conoscenza circoscritta del fenomeno. Tra questi, la maggioranza identifica con AI il concetto di assistenti virtuali (31%), poi la capacità di formulazione (12%) e comprensione (9%) del testo, le auto a guida autonoma (9%) e l’estrazione di informazioni dalle immagini). Infine, solo il 7% ha colto che l’AI è un bersaglio mobile, ovvero come evolva il concetto di “intelligenza” ogniqualvolta vengano conseguiti dei successi dalla comunità scientifica in un ambito specifico. “La ricerca evidenzia un mercato dinamico ma ancora agli albori, caratterizzato da una scarsa consapevolezza da parte delle imprese delle opportunità dell’Artificial Intelligence” affermano Nicola Gatti, Giovanni Miragliotta e Alessandro Piva, Direttori dell’Osservatorio Artificial Intelligence. “Tra le imprese italiane prevale per lo più una visione dell’Artificial Intelligence ancora influenzata dai media – dice Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence – dove prevale una pioggia di stimoli tipico delle fasi di hype che caratterizzano i nuovi trend innovativi, e non una visione informata e consapevole delle potenzialità e del percorso che trasferisce la ricerca in applicazioni”.
Intelligenza artificiale opportunità di lavoro
Ma a parte la confusione c’è un dato che emerge dalla ricerca e che deve far riflettere: l’Artificial Intelligence deve considerarsi più come un’opportunità che una minaccia. Se 3,6 milioni di posti di lavoro equivalenti potranno essere sostituiti nei prossimi 15 anni dalle macchine, nello stesso periodo a causa della riduzione dell’offerta di lavoro (principalmente per questioni demografiche) e l’incremento di domanda si stima un deficit di circa 4,7 milioni di posti di lavoro nel Paese, da cui emerge un disavanzo positivo di circa 1,1 milioni di posti. In questo scenario di progressiva riduzione della forza lavoro – si legge nella ricerca – l’AI appare non solo come una opportunità, ma come una necessità per mantenere gli attuali livelli di benessere economico e sociale, riducendo i costi assistenziali necessari a mantenere gli standard di vita, creando nuovi lavori a maggiore valore, per avvicinarsi all’1,5 di tasso medio annuo di crescita della produttività che sarebbe necessario, nei prossimi 15 anni, per mantenere invariato l’attuale equilibrio socioeconomico del sistema assistenziale-previdenziale del nostro Paese.