Italia: outlook Ue si fa ancora più fosco. La maxi beffa: reddito cittadinanza aumenterà disoccupazione
Tasso di crescita ancora più deprimente di quel +0,2% stimato nelle ultime previsioni. E deficit e debito più alti, a conferma del fatto che l’Italia del governo M5S-Lega non ha fatto bene i compiti. Anzi, non li ha proprio fatti. Le previsioni economiche primaverili della Commissione europea sull’Italia sembrano una sorta di bollettino di guerra.
Non solo il Pil è atteso in crescita di appena +0,1% quest’anno, rispetto al +0,2% stimato prima dalla stessa Bruxelles e tuttora dall’esecutivo giallo-verde. Deficit e debito sono previsti in crescita, con il rapporto deficit-Pil previsto per il 2020 addirittura al 3,5%, ben oltre la soglia limite del 3% accettata dalla Commissione Ue.
Le ricette che vengono propinate da Bruxelles a Roma affinché migliori le prospettive dei suoi conti pubblici sono poi fumo negli occhi dei vari Luigi Di Maio e Matteo Salvini.
L’Ue afferma che l’aumento dell’Iva aiuterebbe, bocciando contestualmente il reddito di cittadinanza e Quota 100, ovvero rispettivamente i cavalli di battaglia del M5S di Di Maio e della Lega di Salvini. Motivo? L’effetto rialzista che avranno a suo avviso sulla spesa pubblica.
La spesa pubblica, si legge, “è destinata ad aumentare in modo significativo a causa dell’introduzione del reddito di cittadinanza e di diverse disposizioni concernenti le pensioni, compreso il nuovo regime di prepensionamento”, per l’appunto Quota 100″, anche se “alcuni risparmi sono attesi da una nuova ‘spending review’“.
Bruxelles precisa che “nel 2019, il disavanzo delle amministrazioni pubbliche è previsto in aumento, al 2,5% del Pil principalmente a causa del rallentamento della crescita economica”.
Ma allora, quale sarà la punizione per l’allieva italiana che non si è allineata ai diktat europei? Il Commissario agli Affari europei Pierre Moscovici invita tutti alla calma:
“Non è oggi che affronteremo la questione del rispetto del Patto di stabilità e di crescita” da parte dell’Italia. “Ci vuole un po’ di pazienza: bisognerà certamente tornarci ma la Commissione inizierà a valutare la conformità nel Pacchetto di primavera, a inizio giugno“. Nel frattempo, i funzionari europei continueranno a dialogare con il ministro dell’economia Giovanni Tria.
Moscovici non può fare a meno, inoltre, di togliersi più di un sassolino dalla scarpa: “Ricordate che la previsione di crescita era dell’1,5%” nella nota di aggiornamento al Def varata dal governo? Quella nota, sottolinea oggi il Commissario, “annunciava risultati spettacolari, una sorta di rilancio keynesiano che avrebbe cambiato tutto”.
“Poi la previsione è stata rivista e brutalmente abbassata, allo 0,2 per cento. Non c’è recessione ma una crescita estremamente limitata e questo inevitabilmente ha un impatto sulle finanze pubbliche”, ha continuato il Commissario.
Oltre a consigliare di aumentare l’Iva, Bruxelles rivela anche di prevedere per l’Italia un tasso di disoccupazione a un livello “vicino all’11% quest’anno”, anche a causa del reddito di cittadinanza.
E’ “probabile -spiega nelle previsioni primaverili – che il nuovo sistema del reddito di cittadinanza aumenterà il numero di persone che si registrano ufficialmente come disoccupati, e che dovranno quindi conteggiate nella forza lavoro”.
Si tratterà piuttosto di un effetto statistico dovuto al fatto che l’iscrizione agli uffici di collocamento è una delle condizioni per ottenere il reddito di cittadinanza. Ma anche questo dettaglio sa di beffa.
In generale, l’Ue stima che “il mercato del lavoro (italiano) si indebolirà considerevolmente” nei due anni 2019 e 2020. “E’ infatti improbabile che il mercato del lavoro riesca a sfuggire all’impatto della debole attività economica, com’è indicato dalle deboli aspettative di occupazione delle imprese”.
Altra previsione negativa: in Italia “la crescita dell’occupazione si fermerà nel 2019”.
Si conferma così lo scenario fosco per l’Italia, in una giornata in cui a dire la loro sull’economia italiana sono anche l’Ocse e l’Istat.
In particolare, l’Istat nella sua nota mensile ha rilevato che “la fase di bassa crescita dell’economia mondiale, confermata dagli indicatori di inizio 2019, ha interessato un numero crescente di paesi”, aggiungendo che “le prospettive economiche continuano a essere caratterizzate da rischi al ribasso”.
“Secondo la stima preliminare – si legge ancora nella nota dell’Istituto di statistica – nel primo trimestre 2019, il Pil italiano ha interrotto la fase di lieve flessione che aveva caratterizzato la seconda parte del 2018, registrando un aumento congiunturale pari a 0,2% – si legge nel rapporto -. A marzo anche il mercato del lavoro ha mostrato segnali di ripresa, segnando un ulteriore miglioramento del tasso di occupazione e una riduzione della disoccupazione che, tuttavia, si mantiene ancora distante dai livelli registrati nell’area euro”.
E’ aumentata “marginalmente l’inflazione al consumo, ma con un’intensità più contenuta rispetto alla media dell’area dell’euro”. La distanza si è ampliata anche “in termini di core inflation”, mentre ad aprile, il clima di fiducia dei consumatori è diminuito per il terzo mese consecutivo”.
“Tutte le componenti – ha evidenziato l’Istat – sono risultate in peggioramento con un calo più contenuto per le attese sul futuro. L’indicatore anticipatore ha registrato una flessione meno marcata rispetto ai mesi precedenti, prospettando un possibile miglioramento dei ritmi produttivi”.
Un quadro dai toni chiaro scuri, che è stato così commentato da Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori (Unc), nella nota: “l’Italia va male, anche se meglio di prima”.
“Il Paese è uscito dalla recessione tecnica di fine 2018, ma l’Istat ci ricorda anche che la lieve ripresa non è stata alimentata dalla componente nazionale ma dalla domanda estera e che le prospettive economiche continuano a essere caratterizzate da rischi al ribasso”, ha continuato Dona.
Secondo il presidente di Unc, resta preoccupante il calo degli ordinativi esteri che nel trimestre dicembre-febbraio sono diminuiti del 4,8%, ma che nel solo mese di febbraio sono scesi del 6% rispetto a gennaio e del 7,7% su base annua. “Se a questo aggiungiamo il problema dei dazi, ecco che il quadro diventa allarmante“, ha concluso.
Certo non sono affatto confortanti neanche i commenti che arrivano dall’Ocse e che mettono in evidenza come l’Italia continui a confermarsi in diversi ambiti il classico fanalino di coda. L’ente parigino ha riportato come il reddito medio pro-capite dell’Italia sia sceso nel quarto trimestre dello 0,4%, rispetto al trend di crescita degli altri paesi appartenenti al blocco, pari in media a +0,5%.
Il calo è stato tra l’altro più accentuato rispetto al -0,1% del terzo trimestre, e si è unito a un ribasso del Pil pro capite dello 0,1%. L’Italia è stata l’unico paese dei Paesi del G7 a soffrire un calo del reddito negli ultimi tre mesi del 2018. E tra l’altro l’Ocse ha anche precisato, a tal proposito, di ritenere che il parametro del reddito sia in grado di presentare “un quadro migliore dei cambiamenti del benessere delle famiglie rispetto al Pil’.
Guardando agli altri paesi, l’Ocse ha reso noto che la crescita media del reddito pro-capite nel G7 è stata pari a +0,7%, grazie soprattutto alla Francia (+1% dopo +0,3%) e dagli Stati Uniti (+0,9% dopo +0,4%).
Decisa ripresa anche in Germania (+0,7% dopo -0,1%) e in Canada (0,0 dopo -0,6%).
Riguardo al Pil pro capite dell’area Ocse, che riunisce i 36 Paesi industrializzati, nel quarto trimestre il dato è salito in media dello 0,2%, come nel terzo trimestre. Italia ancora negativa con -0,1% come nel trimestre precedente, giù anche il Canada, (-0,4% dopo 0,0).Miglioramenti per il Giappone, da -0,5% a +0,6%, mentre la Germania è rimasta piatta dopo -0,3% precedente. Stati Uniti in rallentamento, con il Pil pro-capite che si è indebolito da +0,7% a +0,4%, Francia ferma a +0,3%, Regno Unito anch’esso in frenata con un rialzo dello 0,1%, successivo al tasso di crescita precedente del +0,5%.
Insomma, l’Italia compare sempre tra le peggiori della classe; d’altronde, il trend della sua economia è tale che perfino il governo M5S-Lega è stato costretto a tornare sui suoi passi e a sforbiciare in maniera pesante le stime sul Pil.
Nel Def che è stato approvato all’inizio di aprile dal Consiglio dei Ministri, si legge infatti che la crescita del Pil italiano è attesa a +0,2%, rispetto al +1% iscritto nella legge di bilancio 2019 e al +1,5% stimato lo scorso settembre dal governo M5S-Lega. Il deficit-Pil è atteso al 2,4%, mentre il debito pubblico è previsto in crescita al 132,7% del Pil; peggioramento anche per il deficit strutturale, che è quello che la Commissione europea guarda più attentamente, atteso a -1,6% nel 2019.