La crisi del latte tra guerra e inflazione, Panero: “Solo aumentare i prezzi può salvarci”
Il rialzo dei prezzi delle materie prime agricole ed energetiche colpisce duramente anche le aziende agricole, e in particolare quelle che producono latte. Dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, i prezzi sono letteralmente esplosi mettendo a rischio la sopravvivenza stessa di moltissime aziende.
Per approfondire il tema, abbiamo intervistato Igor Panero dell’azienda agricola Panero.
I problemi dei produttori
Il quadro per la produzione del latte è drammatico. “Ci stiamo rimboccando le maniche cercando di rivedere un po’ tutta la situazione – esordisce Panero – abbiamo scorte aziendali di foraggio per gli animali per coprire il consumo annuo, stiamo limitando al massimo spese e consumi energetici. Quest’anno il nostro mercato è letteralmente esploso. Già nel 2021 c’erano stati aumenti sulle importazioni, in particolare sul latte in polvere, ma siamo davanti a un qualcosa di mai accaduto prima. Di solito, a un anno di aumenti si alternava un’annata più tranquilla, quest’anno invece sta succedendo l’opposto. C’è un aumento generalizzato, a 360°, che non lascia via di scampo agli imprenditori del settore. Gasolio, energia, gas, alimenti per gli animali. Aumenta tutto”.
Una soluzione per evitare la chiusura delle aziende sarebbe quello di aumentare i prezzi di vendita del latte, ma i vincoli contrattuali non permettono di fare più di tanto: “L’unica salvezza può essere l’aumento del prodotto finito – prosegue l’imprenditore – Per ora è stato del 5-10%, servirebbero più aumenti ma ciò che ci imbriglia sono i contratti di vendita annuali. La campagna lattiera inizia il 1° aprile, in alcuni casi vengono disdettati i contratti. Poi tante aziende si trovano con contratti rinnovati in un clima incerto, non potendo fare una previsione da qui a 12 mesi. Affrontare tutto questo è davvero difficile. Venivamo già da un periodo complicato, a causa del Covid.
La guerra ora rappresenta un problema economico maggiore. Un altro problema, e questo colpisce tutta l’Europa, è la siccità. Quindi cosa succede, che riduco la produzione, gli acquisti, e si arriva a un calo della fornitura di latte. Oltretutto gli animali meno redditizi vengono portati al macello, perché non ci si può accollare sempre le perdite. In questo scenario, molte aziende attive nella produzione del latte hanno già chiuso i battenti”.
Un aiuto potrebbe arrivare dallo Stato: “L’unica misura concreta del governo è l’incentivo per l’acquisto del carburante, ma è una misura davvero irrisoria e ha una incidenza minima rispetto a tutto il resto – conclude Panero – L’unico modo per resistere in questo periodo è avere delle scorte di foraggio per superare il momento attuale, ma la produzione è destinata a calare. Mancherà l’approvvigionamento per gli animali. La gente dovrà probabilmente cambiare abitudini alimentari o d’acquisto. Mi auguro un miglioramento ma non vedo segnali positivi per il futuro”.
L’intervento della Coldiretti
Uno scenario davvero drammatico per il mercato del latte, che pure negli ultimi anni aveva visto una crescita della produzione annua in Italia ed era arrivato a rifornire anche la Germania con le proprie scorte. La guerra in Ucraina ha mandato in cortocircuito il settore, ed anche Coldiretti ha lanciato l’allarme: “L’effetto congiunto dell’aumento dei costi energetici e dei mangimi il settore dei bovini da latte ha subito incrementi di costi pari al 57% secondo il Crea che evidenzia il rischio concreto di chiusura per la maggioranza degli allevamenti italiani che si trovano costretti a lavorare con prezzi alla stalla al di sotto dei costi di produzione”.
“L’adeguamento dei compensi è necessario per salvare le 26mila stalle da latte italiane sopravvissute che garantiscono una produzione di 12 milioni di tonnellate all’anno che alimenta una filiera lattiero-casearia nazionale, che esprime un valore di oltre 16 miliardi di euro ed occupa oltre 100.000 persone con una ricaduta positiva in termini di reddito e coesione sociale” sostiene il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, nel sottolineare che “la stabilità della rete zootecnica italiana ha un’importanza che non riguarda solo l’economia nazionale ma ha una rilevanza sociale e ambientale perché quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate“.
Insomma, un quadro complesso e articolato. Una situazione da seguire perché fondamentale per la crescita economica del Paese. Sono tutte queste piccole industrie, messe insieme, che poi vanno a comporre il PIL e a incidere in maniera indiretta sulla sostenibilità del debito pubblico. Si parla di latte, è vero, ma anche del futuro stesso dell’Italia in un orizzonte temporale di lungo periodo.