Lavoro: scattano gli sgravi sui contributi per agevolare occupazione giovanile, ma stop alla decontribuzione totale Inps
A partire da gennaio 2018, con la legge di stabilità ormai definitivamente approvata e pubblicata in Gazzetta Ufficiale, scattano gli sgravi contributivi sul lavoro per agevolare l’occupazione giovanile. In particolare, come ricorda l’ufficio studi della Cgia di Mestre, è previsto uno sgravio contributivo triennale del 50% (con tetto massimo annuo di 3.000 euro) per l’assunzione con contratto a tutele crescenti (a tempo indeterminato) o per trasformazioni di contratti a termine in contratti a tempo indeterminato di giovani sotto i 35 anni per tutto il corso del 2018 e per quelli di età inferiore a 30 anni dal primo gennaio 2019. In entrambi i casi si deve trattare del primo contratto a tempo indeterminato del lavoratore e restano esclusi dall’agevolazione i contributi e premi Inail.
A questo primo sgravio se ne affianca un’altro del 100% (sempre con tetto massimo di 3.000 euro) per i giovani fino a 29 anni assunti entro 6 mesi dal conseguimento del titolo di studio, se avevano svolto apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore, il certificato di specializzazione tecnica superiore o periodi di apprendistato in alta formazione o alternanza scuola lavoro presso la stessa azienda. Questo sgravio contributivo riguarderà anche tutti i disoccupati da più di 6 mesi nelle otto regioni meridionali (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna) assunti a tempo indeterminato ma solo per una durata di 12 mesi (proroga del bonus Sud), anziché 36 mesi.
Stop alla decontribuzione totale Inps
Sempre da gennaio 2018 però termina il beneficio della decontribuzione totale Inps introdotto dalla legge 190 del 2014 per gli oltre 80.000 lavoratori dipendenti assunti nel gennaio 2015 con un contratto a tempo indeterminato. In buona sostanza, per i datori di lavoro di questi dipendenti verrà meno lo sgravio contributivo Inps. Una misura, quella introdotta nel 2015 dal governo Renzi, che ha consentito agli imprenditori che hanno assunto un lavoratore a tempo indeterminato durante tutto l’arco del 2015 (o trasformato un rapporto di lavoro a termine in uno a tempo indeterminato), di non versare alcun contributo previdenziale per i successivi 36 mesi, con l’impegno, da parte dell’imprenditore, di non licenziare questo neoassunto prima che il rapporto di lavoro compia il terzo anno di vita. Per gli imprenditori si è trattato di un vantaggio economico fino a 8.060 euro all’anno per ciascun dipendente assunto con questa modalità.
“Venuto meno il vantaggio economico – segnala il coordinatore dell’ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – auspichiamo che una parte di questi lavoratori dipendenti non venga lasciata a casa”. Dopo aver risparmiato nel triennio 2015-2017 fino a 24 mila euro per ciascun lavoratore assunto a tempo indeterminato e facilitato dalla soppressione dell’articolo 18, il licenziamento di un lavoratore che ha beneficiato della decontribuzione totale costerebbe all’impresa, in prima battuta, un ticket di circa 1.500 euro.
Più in generale, secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre, il peso delle imposte e dei contributi previdenziali sul
lavoro è iniziato a scendere. Negli ultimi tre anni il cuneo fiscale in Italia è diminuito in misura strutturale di 13,3 miliardi di euro. Se si tiene conto anche degli sgravi contributivi introdotti per il 2015 e il 2016 dal governo Renzi, la “sforbiciata” aumenta di altri 15 miliardi di euro.