Made in Italy: crescono gli investimenti esteri nelle imprese italiane. Usa, Uk e Francia in prima fila
Il Made in Italy fa gola agli investitori stranieri. Le operazioni di fusioni e acquisizioni, le cosiddette M&A, tra società tricolori e soggetti stranieri sono aumentate negli ultimi anni, non solo per le grandi realtà come Telecom Italia, Luxottica o Pirelli, ma anche per le medie imprese che costituiscono il tessuto dell’economia del paese. Si pensi al pastificio Garofalo finito nelle mani spagnole, a Poltrona Frau diventata americana o Pinifarina a controllo degli indiani di Mahindra & Mahindra. E queste sono solo alcune degli ultimi anni.
In realtà sono ben 225 le società italiane che tra il 2013 e il 2016 hanno visto cambiare il proprio assetto con l’ingresso di almeno un investitore estero. Un trend in crescita: da 42 operazioni nel 2013 a ben 70 nel 2016, secondo la ricerca commissionata dallo studio legale Hogan Lovells alla School of Management del Politecnico di Milano ed effettuata su un campione di società medie e medio-grandi con un fatturato tra i 50 e i 500 milioni di euro.
Dall’analisi emerge che sono ben 39 i paesi di origine degli investitori internazionali. Tuttavia alcuni paesi, in termini di numero di investimenti e di valore, possono essere considerati i top acquirer: Stati Uniti, Regno Unito e Francia rispettivamente con 54, 29 e 26 operazioni nei quattro anni. La Cina è stata protagonista di 12 operazioni di investimento.
Dal punto di vista della tipologia degli investitori, il 57% dei casi è rappresentato da investitori strategici mentre il 43% è rappresentato da investitori finanziari quali fondi di private equity e investitori istituzionali.
Per quanto riguarda i valori delle transazioni, su un sotto-campione di 109 società (sul restante non è stato possibile reperire i dati), il flusso di investimenti nei quattro anni è stato pari a 29 miliardi di euro, mentre il valore medio delle operazioni è stato di 266 milioni. L’anno in cui si è registrato il maggior numero di transazioni è stato il 2016, per un valore complessivo di 12,8 miliardi.
L’interesse degli investitori esteri nel quadriennio analizzato si è concentrato per il 71% sul comparto industriale, con punte del 76% nel 2013 e del 74% nel 2016. A seguire il settore dei servizi con i 24% e punte del 27% nel 2014 e del 28% nel 2015. Il resto delle operazioni, residuale, è nel settore finanziario. Tra i settori di maggiore rilevanza che restano costanti negli anni si ritrovano: food & beverage (12%), il machinery (8%) e il metal/steel e il consumer products, entrambi con la stessa incidenza (7%). Nel corso degli anni, ma in modo meno ricorrente, spiccano altri settori quali l’healthcare nel 2014 e nel 2016 con il 7% dei rispettivi anni, l’automotive nel 2015 con il 9%, il transportation nel 2013 con il 7%.