Marco Tronchetti Provera: ‘in Italia ostilità verso le imprese. Telecom? Non ho rimpianti’
Nessun rimpianto per aver comprato e venduto Telecom. Delusione per l’Europa, dove “il sogno di Jacques Delors si è perso”, visto che negli ultimi venti anni è prevalsa piuttosto “un’Europa delle regole, che è stata utile per la stabilità dei conti, ma non certo per creare sviluppo“. Marco Tronchetti Provera, amministratore delegato del gruppo Pirelli dal 1992, risponde a domande su varie tematiche, nell’intervista che rilascia ad Affari e Finanza, A&F, di La Repubblica.
E non manca in tutto questo di lanciare un monito: “L’Italia non è amica delle imprese”. Alla domanda se l’Italia rischi di diventare un terreno di conquista, o quantomeno di fuga delle nostre aziende, il manager fa notare, di fatto, che la struttura dell’Italia “è ancora forte, siamo il secondo paese manifatturiero d’Europa, sicuramente c’è una grande imprenditorialità”. Tuttavia, “è anche vero che c’è un’altrettanto forte ostilità verso le imprese, specialmente quelle grandi”.
E di chi è la colpa, o comunque la responsabilità? Secondo Tronchetti Provera, le radici dell’ostilità affondano nella stessa cultura italiana:
“L’incontro tra la cultura cattolica e comunista ha emarginato la cultura liberale o forse la cultura liberale non ha saputo farsi interprete delle istanze della società. Questo ha portato a una concezione privatistica del ruolo della politica in economia, che ha condizionato con una presenza invasiva. Una presenza diretta e dominante fino agli anni Novanta, e che poi ha continuato a condizionare indirettamente le scelte economiche del Paese anche dopo le privatizzazioni”.
Cosa dire del caso Telecom? Anche qui la presenza dello Stato, a suo avviso, ha presentato più di una pecca.
Marco Tronchetti Provera non ha alcun rimpianto per averla comprata e poi venduta: “Ho fatto quello che era nelle mie corde, fare impresa. Ma l’intervento dello Stato ha impedito di fare di Telecom una grande azienda, che avrebbe unito contenuti e telecomunicazioni, con una spinta forte sulla tecnologia. Un’opportunità persa per il Paese. Nel 2006, quando ancora non c’erano gli smartphone, lanciavamo il ‘quadruple play’: Internet, telefono fisso-mobile e contenuti”.
Sui rapporti conflittuali che l’Italia continua ad avere con Bruxelles, l’AD non ha negato la propria delusione per la politica:
“Manca una leadership con una visione di lungo periodo e portatrice di un progetto strategico. La classe politica è stata selezionata in modo diverso dal passato. Non ha più memoria né passione e mostra poca sensibilità per la cultura. Le leadership vanno e vengono a colpi di tweet. Prevale il messaggio negativo. Pare ci sia più volontà di distruggere che di costruire”.
Il dirigente tuttavia aggiunge che “è anche vero che l’Europa del rigore ha tolto quella speranza nel futuro e quella fiducia che aveva la mia generazione”.
Sulla sua Pirelli, Tronchetti rassicura – anche se con Camfin all’11,4% e i cinesi di Marco Polo al 45,5% – che “è e resta italiana, perchè protetta da clausole ad hoc”.
“Per spostare la sede della società serve il voto del 90% degli azionisti e lo stesso per concedere una licenza o trasferire tecnologia. Nello statuto abbiamo l’impegno ad applicare le migliori pratiche internazionali di governance per le società quotate. Più radicata in Italia di così non potrebbe essere”.