Mattarella: ‘conti in equilibrio cruciali per sovranità’. Patuelli: ‘indebolire banche significa indebolire acquisti titoli di Stato’
Non c’è solo il ministro dell’economia Giovanni Tria ad assumere le vesti di guardiano dei conti. Oltre a lui, c’è sempre, anche, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che non manca di far sentire la sua voce sulla necessità, per l’Italia, di continuare ad agire per imbrigliare il debito pubblico. Nel giorno in cui la manovra si appresta a sbarcare al Parlamento, e nel bel mezzo di tutti gli ostacoli che il governo M5S-Lega è costretto ad affrontare (tra gli ultimi sviluppi la nuova lettera di Bruxelles e le indiscrezioni su come strappare il sì di Bruxelles, a spese magari anche, addirittura, del reddito di cittadinanza e di quota 100), nell’Aula Magna dell’Angelicum – Pontifica Università San Tommaso d’Aquino, Roma, in occasione della 94esima Giornata mondiale del Risparmio arriva il telegramma del presidente della Repubblica.
Il messaggio è forte e chiaro, non proprio ciò che i sovranisti vogliono sentirsi dire. Mattarella individua nell’equilibrio dei conti pubblici e nella tutela del risparmio i due fattori cruciali che consentono a un paese di conservare la propria sovranità.
Il risparmio, “unito all’equilibrio dei bilanci pubblici, espressamente richiamato dalla Costituzione, è condizione essenziale dell’esercizio della effettiva sovranità del Paese”, così si legge nel telegramma inviato all’Acri per la Giornata mondiale del risparmio.
“La tutela del risparmio prevista dall’articolo 47 della Costituzione, corrisponde alla garanzia dell’irrinunciabile libertà delle famiglie di poter autonomamente individuare i mezzi atti a sostenere le proprie scelte di vita e, insieme, sottolinea l’enorme valore rappresentato, per la stabilità del sistema economico-finanziario italiano, dal popolo dei risparmiatori”.
In tale contesto, “la gestione del risparmio da parte dello Stato, delle imprese bancarie, degli intermediari finanziari, costituisce il motore di uno sviluppo responsabile e sostenibile, un elemento centrale dell’esercizio del credito e deve obbedire a regole di assoluta trasparenza, di saggia amministrazione delle risorse, di protezione di depositi e investimenti“.
Insomma, nel bel mezzo della tensione tra la Commissione europea e il governo M5S-Lega sulla legge di bilancio, il Quirinale non perde l’occasione di lanciare un monito, sebbene velato, a Salvini & Co, giocando la stessa carta della sovranità. Da tutelare perchè, lo si può leggere in questo modo, la realtà è che se i conti dell’Italia saltassero, la sovranità dovrebbe fare i conti con l’arrivo della troika, n sostanza con il commissariamento dell’Italia.
Durante l’evento, prende la parola anche il numero uno di Bankitalia, Ignazio Visco. La linea è quella indicata dal Quirinale e l’accento è sul rischio sovrano italiano, dunque sul rischio rappresentato dal rialzo spread e dai rendimenti dei titoli di stato.
Visco tiene a precisare nel suo discorso che non sono solo le banche a pagare l’impennata del differenziale e la volatilità dei mercati finanziari, ma le stesse famiglie italiane. E qui viene data una cifra che fa capire cosa c’è davvero in ballo:
Intanto, Visco sentenzia che “le conseguenze di un prolungato, ampio rialzo dei rendimenti dei titoli di
Stato possono essere gravi”.
“Il loro incremento (dei rendimenti) deprime il valore dei risparmi accumulati dalle famiglie e può determinare un peggioramento delle prospettive di crescita economica. Premi elevati a copertura del rischio sovrano rendono più difficile il controllo della dinamica del rapporto tra il debito pubblico e il prodotto”.
In definitiva:
“Il rialzo dei premi per il rischio sul debito pubblico produce perdite in conto capitale che peggiorano la situazione patrimoniale delle banche; incide sul costo e sulla disponibilità dei finanziamenti che gli intermediari raccolgono sul mercato e sulla loro capacità di fornire credito all’economia. Direttamente o indirettamente il rischio sovrano ricade sulle famiglie italiane. Non solo esse detengono titoli pubblici per un valore nominale di quasi 100 miliardi, ma all’attivo degli intermediari a cui esse affidano i loro risparmi – nella forma di depositi bancari, di polizze assicurative, di quote di fondi pensione, di risparmio gestito – vi sono titoli pubblici per circa 850 miliardi”.
E’ bene, dunque, che le famiglie italiane si rendano conto di cosa c’è in gioco.
Sulle banche interviene dallo stesso palco anche il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli:
Le banche italiane, afferma, “continuano a detenere e a sottoscrivere titoli di Stato della Repubblica, nonostante lo spread”, fa notare, riferendosi alla elevata esposizione che gli istituti di credito hanno verso i BTP.
Sulla base di questo presupposto, sottolinea Patuelli, “indebolire le banche significherebbe indebolire anche i principali acquirenti di titoli di Stato italiani”.
“Cosa sarebbe successo o succederebbe se le banche in Italia detenessero pochi o punti titoli di stato? A quanto arriverebbe lo spread? E con quali conseguenze per la Repubblica, le imprese e le famiglie?” si è domandato Patuelli, lanciando un chiaro monito:
“Non si può essere indifferenti agli andamenti dello spread e dei mercati e alle conseguenze su conti pubblici, imprese e famiglie”.
Monito anche da parte di Giuseppe Guzzetti, numero uno dell’Acri – che ha organizzato la 94esima giornata mondiale del risparmio, che si rivolge all’esecutivo gialloverde invitandolo a non sacrificare i risparmi delle famiglie italiane sull’altare del debito pubblico.