Moody’s: Draghi al timone migliora prospettive Italia, ma attenzione alle sfide di lungo termine del suo governo
Moody’s benedice il nuovo governo Draghi nel report appena pubblicato “Draghi’s government improves Italy’s prospects for effective use of EU funds, but will face longer-term challenges”, ovvero: “Il governo Draghi migliora le prospettive dell’Italia riguardo all’utilizzo efficiente dei fondi Ue, ma affronta sfide di più lungo termine”.
Secondo l’agenzia di rating (che ha sul debito pubblico italiano un rating pari a Baa3 con outlook stabile), “è probabile che questo nuovo governo abbia un molto successo all’inizio, soprattutto riguardo all’utilizzo efficace dei fondi Ue (ovvero del Recovery Fund-Next Generation EU), grazie all’appoggio del mondo politico. Detto questo, una volta che l’urgenza legata alla pandemia del coronavirus si affievolirà, è probabile che il governo dovrà far fronte a sfide simili e all’opposizione politica lanciando le (tanto attese) riforme strutturali, così come è già avvenuto nel caso di altri governi che lo hanno preceduto”.
Nel ricordare che Draghi si è assicurato il sostegno di più dell’80% del parlamento italiano per formare un governo di unità nazionale e diventare primo ministro, Moody’s scrive nella sua analisi che l’ex presidente della Bce ha ricevuto un forte mandato a guidare il paese. Il sostegno del mondo politico (a parte quello di Fratelli d’Italia) lascia pensare che “anche i partiti più improntati al populismo intravedono vantaggi politici in quelle che sono le due principali priorità gemelle del nuovo esecutivo: far fronte alle conseguenze sanitarie ed economiche della pandemia (del coronavirus), e fare in modo che l’Italia utilizzi i fondi europei nei prossimi mesi e nei prosimi anni”.
“Le implicazioni di breve termine del cambio del governo sul rating del debito italiano sono positive – scrive Moody’s – Sotto la leadership del primo ministro Draghi, il piano che l’Italia presenterà a Bruxelles il prossimo 30 aprile sull’utilizzo dei fondi Ue includerà probabilmente progetti di alto livello sulle infrastrutture che riusciranno probabilmente a rafforzare le prospettive di crescita del paese”. d’altronde, nel caso in cui si dovesse attingere a tutti i fondi del Recovery Fund, questi ammonterebbero a quasi 300 miliardi di euro, o quasi il 20% del Pil pre-pandemia”.
E’ probabile che l’agenda politica del governo Draghi cerchi di avviare riforme strutturali al fine di migliorare il potenziale di crescita (dell’economia italiana); queste (riforme) potrebbero focalizzarsi su aree che sono state spesso identificate dalle organizzazioni internazionali alla stregua dell’Ue come quelle che hanno maggiormente bisogno di riforme in modo più urgente: si tratta della pubblica amministrazione, del sistema giudiziario e del sistema fiscale”.
“Una volta che l’urgenza della pandemia si smorzerà -prosegue Moody’s – una sfida chiave per il governo di Draghi sarà quella di riuscire a conservare il momentum al di là delle riforme e il sostegno politico per avviare i cambiamenti (necessari). Alcuni partiti o gruppi parlamentari si sono opposti in modo attivo per anni agli aspetti di quelle riforme di tipo giudiziario o amministrativo che sono state proposte dai precedenti governi”.
Si sa che “l’utilizzo produttivo dei fondi del Recovery sarà legato in modo inestricabile all’agenda di riforme economiche del governo”.
E’ anche noto che “in passato, difficoltà di carattere amministrativo, soprattutto in quelle regioni dell’Italia che hanno bisogno in misura maggiore di investimenti, hanno ostacolato l’assorbimento dei fondi europei da parte del paese. Tra i 27 stati membri dell’Ue, l’Italia ha il terzo peggiore tasso di assorbimento del ciclo di fondi strutturali del periodo 2014-2020″.
In questa situazione, “la chiave per migliorare l’assorbimento dei fondi Ue da parte dell’Italia sarà rappresentata da quelle misure che miglioreranno l’efficienza degli appalti pubblici e della pubblica amministrazione più in generale, così come quelle che snelliranno i processi degli investimenti pubblici”.
Riguardo alle sfide che dovranno essere affrontate dal governo Draghi non può essere sottovalutata, secondo l’agenzia Moody’s, quella di frenare o imbrigliare il populismo in Italia.
“L’ultimo sondaggio dell’Eurobarometro indica che solo il 28% di tutti gli italiani si fida dell’Unione europea, la percentuale più bassa di tutti i 27 paesi Ue. Nonostante la popolarità di cui gode tra gli italiani, esistono rischi di più lungo termine che il premier Draghi, così strettamente associato alle istituzioni dell’euro ed europee, avvii riforme non popolari. Im questo cao, è anche possibile che, nell’arco di un periodo di più lungo termine, i tentativi di concretizzare riforme che, in teoria, siano una precondizione affinché l’Italia riceva i fondi del Recovery, amplifichino le tendenze populiste anti-Ue che sono cresciute nell’ultimo decennio”.
Moody’s conclude scrivendo che “la fase politica attuale può essere paragonata a quella del governo tecnico guidato da Mario Monti nel periodo 2011-2013. L’esistenza di un piano di ripresa europeo – conclude l’agenzia – rappresenta una differenza importante, ma la ricerca di un piano economico di riforme da parte del governo che venga soggetto alla supervisione di Bruxelles riveste forse una importanza simile”.