Moscovici paventa correzione corposa su conti Italia, ma Tria pronto a chiedere sconto 10 mld a Ue
Mentre i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini rompono le uova del paniere di Giovanni Tria, sfidando continuamente l’Ue, proprio dai piani alti di Bruxelles arriva un avvertimento-minaccia. In un’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore, il commissario agli Affari monetari Pierre Moscovici non lascia spazio alle speranze, e avverte che “una correzione strutturale corposa per i conti 2019 sarà necessaria”. Non solo: sforare il tetto del deficit del 3% “provocherebbe difficoltà che non voglio immaginare“. Una frase che mette sull’attenti i mercati e soprattutto l’esecutivo M5S-Lega, che chiede-pretende ulteriori margini di flessibilità dall’Ue per riuscire a concretizzare i punti cardine del contratto di governo.
Il ministro dell’economia Giovanni Tria, per esempio, stando ai rumor riportati dal quotidiano La Stampa, sforna proposte che sono sicuramente meno irritanti per l’Europa rispetto a quelle della coppia Salvini-Di Maio. Detto questo, anche lui sarebbe pronto a fissare per il 2019 obiettivi, sul deficit, decisamente più alti di quelli del precedente governo Gentiloni:
All’Europa, si legge, chiederà 10 miliardi di sconto. Scrive La Stampa:
“Non il tre per cento che vorrebbero sfondare Di Maio e Salvini. Ma nemmeno lo 0,9 lasciato in eredità dal governo Gentiloni. Il traguardo minimo è l’1,5 per cento, circa dieci miliardi di euro di maggiori spese. Chiamiamola la trincea di Tria, o più semplicemente l’obiettivo minimo di deficit nel braccio di ferro con l’Europa”.
Il punto è che quello 0,9%, obiettivo di deficit per il 2019 che risulta per l’appunto dagli accordi presi dalla Commissione di Bruxelles con il governo Gentiloni, non dovrebbe secondo l’Ue superato. E invece l’obiettivo di Tria sarebbe fare proprio questo, tanto che La Stampa parla di quella soglia dell’1,5% come di “linea del Piave”.
In questa eterna lotta tra Bruxelles e Roma sui conti pubblici, arrivano numeri che certificano che, in ogni caso, a prescindere da chi abbia ragione, il danno dello spread è stato già fatto.
Dall’Osservatorio dei conti pubblici guidato da Carlo Cottarelli emerge che nel periodo compreso tra i mesi di maggio e agost il rialzo dei tassi ha comportato un “aggravio per il bilancio pubblico di 898 nel 2018 e di 5,1 miliardi nel 2019, per un totale di 6 miliardi“, e che il rialzo dei tassi di interesse sui titoli di Stato italiani che è scattato dalla metà di giugno potrebbe costare 113 milioni quest’anno e 1,4 miliardi nel 2019.