Mps, dopo aumento di capitale la ricerca del cavaliere bianco. Ma no convinti da tutti (quasi)
Mps Monte dei Paschi di Siena, la banca senese guidata dall’AD Luigi Lovaglio è attesa al varco dai mercati. Dopo l’aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro che si è concluso con apparente successo, sarà la pubblicazione dei conti del terzo trimestre e dei primi nove mesi del 2022 il nuovo banco di prova del nuovo Monte dei Paschi di Siena post ricapitalizzazione.
Conclusa l’operazione di aumento di capitale, i prossimi mesi per la banca senese saranno altrettanto cruciali: il fine ultimo, per il Mef maggiore azionista, è riuscire a restituire la banca al mercato, dunque privatizzarla, spogliandola di quel marchio Monte di Stato che l’assilla ormai da anni. Cercasi cavaliere bianco é e sarà il prossimo diktat di Mps. Speranze in tal senso sono state espresse nelle ultime ore da Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato dei bancari. Speranze che si scontrano tuttavia con i no a qualsiasi operazione di M&A arrivati nelle ultime sessioni da UniCredit, Intesa SanPaolo, Banco BPM e Bper.
Ma Sileoni ha ribadito tutta la sua fiducia nella possibilità di trovare non solo una banca, ma anche una banca italiania che si accolli il Monte.
“Per risolvere la questione del Monte dei Paschi di Siena molto probabilmente arriverà un cavaliere bianco, un gruppo bancario italiano importante che farà da pivot e poi coinvolgerà altre banche del Paese – ha detto il numero uno della Fabi – Io credo che arriverà una banca italiana che si prenderà l’onere di risanare e rilanciare Montepaschi e contemporaneamente farà da regista per questa operazione di salvataggio, una operazione di sistema”. “Non so se ci saranno aiuti pubblici – ha sottolineato Sileoni – Comunque, il gruppo che si farà avanti col governo proverà a ottenere qualcosa, anche se sarà difficile. Mps a partire dal 2008 ha realizzato ben sei aumenti di capitale per un totale di 25 miliardi di euro, dei quali 18 miliardi coperti dai privati e circa 7 miliardi a carico del bilancio pubblico”.
Il Messaggero fa riferimento a un piano del Tesoro maggiore azionista che potrebbe avere in prima fila Bper o Intesa SanPaolo, “affiancati da Mcc (Mediocredito centrale) per le filiali del sud. Non dovrebbe esserci UniCredit”, puntualizza il quotidiano romano.
Un indiscutibile sostegno a Mps Monte dei Paschi di Siena è arrivato lo scorso 8 novemjbre da Patrizio Bertelli, ceo del gruppo di moda Prada, che ha annunciato all’agenzia di stampa Radiocor di aver sottoscritto l’aumento di capitale:
“Lavoro da anni con Mps e la considero un partner importante, che ha ancora un grande valore da esprimere”, ha detto Bertelli, aggiungendo che “la scelta di essere parte di un nuovo progetto di rilancio é la principale motivazione che mi ha spinto ad investire e avere l’opportunità di partecipare al suo sviluppo”. Ancora, il patron della casa di moda Prada, imprenditore toscano, ha detto che “Mps è una vera banca del territorio e un patrimonio per il nostro Paese. Ho voluto dare un segnale di fiducia al nuovo piano industriale e ai vertici della banca”.
Detto questo, un’operazione di M&A che ponga fine alla permanenza dello Stato nel capitale del Monte dei Paschi (tra l’altro nelle vesti di maggiore azionista), continua a confermarsi molto complicata, più che altro per i no che fioccano da ogni dove.
Nelle conference call che i numeri uno delle principali banche italiane hanno indetto per commentare i rispettivi risultati di bilancio, hanno risposto tutti con un no più o meno secco alle domande degli analisti, che hanno ovviamente presentato la questione di Mps alla ricerca, per l’appunto, di un cavaliere bianco.
Così l’AD di Banco BPM Giuseppe Castagna:
“Sono felice che Mps abbia concluso l’aumento di capitale con successo e sono sicuro che ora si concentreranno sul loro piano. Non posso dire altro, non eravamo interessati prima e non siamo interessati ora”, ha detto il ceo di Piazza Meda, sottolineando che Banco BPM va avanti con la sua “road map, che ha dimostrato di essere di successo anche in una situazione stand alone”.
Il numero uno di Bper, il ceo Piero Montani, ha rimarcato la necessità della banca di concentrarsi sul completamento dell’acquisizione di Carige, il no a Siena è stato tuttavia meno netto.
Il no è stato dato in risposta a una domanda sulla possibilità che, magari, dopo l’acquisizione della banca ligure, Carige, Bper guardi a Mps per dare vita al terzo polo del settore bancario: “Nel giro di 15 mesi la banca ha un pò più che raddoppiato la sua posizione e triplicato le complessità, dovendo integrare complessivamente 8.400 persone – aveva spiegato Montani – Dobbiamo completare le operazioni che abbiamo e consolidare la banca che si è formata. Di lavoro ce n’è tanto e non ci sembra il caso di distrarci con altre operazioni. Completiamo queste e poi vedremo”.
Un no netto è arrivato invece da Andrea Orcel, AD di UniCredit, che ha già vissuto l’esperienza fallimentare delle trattative con il Mef per salvare il Monte di Stato. La realizzazione del piano industriale UniCredit Unlocked, ha precisato il ceo Orcel, “sta creando miliardi di valore, molti di più di qualsiasi eventuale operazione di acquisizione ed è su questo che continuiamo a concentrarci”.
No al Monte anche da parte di Intesa SanPaolo di Carlo Messina:
“Il paese non può avere punti di debolezza. Banca Monte dei Paschi di Siena è una storia del nostro paese che deve essere risolta. L’aumento di capitale è un fattore strategico e non posso che dare una valutazione positiva. Per altro, il rialzo dei tassi favorirà anche MPS nella generazione di utili futuri e nel recupero della redditività, mentre presumo che in passato abbiano avuto un impatto negativi dai tassi bassi”.
Ancora Messina:
“Sono favorevole alla presenza di più competitor sul mercato. Sulle prospettive di MPS non conosco i numeri, ma certamente non è una operazione che può riguardare Intesa Sanpaolo”