Mps e la zavorra rischi legali da 10 miliardi, banca vale un quinto sue cause
Ci si mette anche la Fondazione Mps a complicare la vita a Mps, già per i fatti suoi di nuovo a corto di capitale. Nella nota con cui ha diffuso i risultati di bilancio del secondo trimestre – piuttosto disastrosi – la banca senese ha reso noto, infatti, di aver ricevuto lo scorso 31 luglio “ulteriori richieste stragiudiziali per 3,8 miliardi di euro da parte della Fondazione Mps”, aggiungendo che, dopo tale iniziativa, il petitum delle sole “richieste stragiudiziali” è salito a 4,8 miliardi di euro.
Successivamente, l’AD Guido Bastianini, nel commentare i conti dell’istituto, ha comunicato che il totale dei rischi legali sale a questo punto a 10 miliardi: “Dovete aggiungere ai 5,2 miliardi, un miliardo e 3,8 miliardi”, ha precisato il ceo.
Il Sole 24 Ore commenta oggi la notizia, sottolineando che, “a questo punto, alla luce dell’incremento dei rischi legali, il problema che si profila per la banca è sempre più quello di un’erosione del capitale“.
“Ad oggi – viene fatto notare – l’istituto rispetta adeguatamente i requisiti prudenziali imposti dalla Bce”. Tuttavia l’erosione è considerata inevitabile, visto che Mps si appresta, nell’ambito del suo piano di pulizia del bilancio, a cedere NPL per un valore di ben 8,1 miliardi di euro ad Amco: operazione, questa, che necessariamente andrà a pesare sui livelli di capitale, in particolare sul Cet1 ratio.
Di fatto, all’indomani dei risultati di bilancio monstre che stanno ovviamente zavorrando il titolo (fino a quasi -7% sulla borsa di Milano), il Sole 24 Ore ricorda che la cessione del carico degli NPL è “inevitabilmente destinata a indebolire la solidità attuale: il Cet1 ratio a regime dall’attuale 11,4% è infatti destinato ad atterrare al 9,7%”. Tanto che, “dalla transazione con Amco – che potrebbe avere l’ok Bce tra fine agosto e inizio settembre – Mps si attende un impatto negativo di 130-140 punti sui ratio di capitale”.
Dunque? Dunque Mps è di nuovo a caccia di soldi e, come emerso dalle indiscrezioni degli ultimi giorni, la stessa Bce avrebbe già chiesto al Tesoro di intervenire con risorse a favore della banca per 700 milioni.
Stando ad altri rumor, il governo M5S-PD sarebbe per questo pronto a sfornare 1,5 miliardi di euro con il decreto agosto a favore di Mps.
Ieri, poi, sempre il quotidiano di Confindustria ha riportato che un modo per raccogliere ulteriore capitale a cui il Tesoro e Mps starebbero pensando potrebbe essere il lancio di un bond subordinato garantito dal Mef, della “tipologia Tier2, per un valore di 2-300 milioni di euro circa”.
Insomma, le idee per iniettare nuovo capitale nella banca non mancherebbero.
E mentre viene rilevata una certa freddezza, da parte delle altre banche italiane, ad accollarsi la patata bollente Mps con un’operazione di M&A, mentre si parla anche della possibilità di un interesse da parte delle banche francesi o addirittura di un break-up, ovvero spezzatino, un articolo di La Repubblica scritto dal giornalista Andrea Greco pone l’interrogativo inevitabile:
“Domanda insidiosa per gli esperti di Mps: chi mai può comprarsi la banca senese quando capitalizza 1,78 miliardi in Borsa (+0,78% ieri) e ha 10 miliardi tondi tra richieste danni e contenziosi (da fine luglio anche 3,8 miliardi della Fondazione Mps), coperti solo per 1/20 nelle poste di bilancio? Sembra una di quelle domande con risposta così evidente che dev’esserci un trabocchetto sotto. È noto che i rischi legali sono tra le cose più difficili da prezzare sul mercato: la causa persa paga zero, la causa vinta paga tutto. Stanziare riserve capienti (qualche miliardo, in aggiunta ai circa 700 milioni che a mesi Mps assorbirà per la nuova pulizia crediti targata Amco), è impossibile. La prassi più in uso sarebbe che chi vende offrisse una manleva a chi compra. Ma il Tesoro socio quasi unico, che sta cercando di accelerare il dossier della riprivatizzazione senese, non pare dell’idea: temendo le ricadute politiche della mossa. Forse, alla fine, un trabocchetto ci sarà: all’asta per Mps si presenterà solo il battitore, e per evitare danni più gravi si dovrà nazionalizzare la banca come parte del governo spera”.
Un articolo che viene commentato su Twitter, tra gli altri, anche da Oscar Giannino, con il seguente post:
Ah ecco, dopo anni di riassicurazioni opposte del MEF, ecco il modo di nazionalizzare definitivamente anche MPS con una finta gara dove si presenta solo il banditore. Grazie @andreagreco71 pic.twitter.com/00KlUCYNHu
— Oscar Giannino (@OGiannino) August 7, 2020
E quando si dice parte del governo spera non si può non far riferimento a quell’ansia di nazionalizzazione che vede in prima linea il M5S.
D’altronde, il mese scorso fu la stessa Carla Ruocco, presidente della Commissione di inchiesta sulle banche, a dire in un’intervista rilasciata al giornalista Fabrizio Massaro del Corriere della Sera: lo Stato nazionalizzi tutta Mps per aiutare le imprese.
Verso carcasse di Stato, insomma: con Alitalia , Autostrade e Mps Stato pigliatutto? Con quali risultati? La storia, c’è da dire, non è esattamente di buon auspicio.
Tornando a Mps, vale la pena di ricordare che il Tesoro divenne il suo azionista di maggioranza nel 2017 acquistando una partecipazione pari al 68% della banca, con tanto di assegno da 6,9 miliardi.
Per avere un’idea di cosa sia stato l’affare Mps per lo Stato italiano, è bene ricordare anche altre cifre: il Tesoro acquistò le azioni di Mps a 4,28 euro l’una: oggi il titolo vale però 1,5 euro, il che significa che la perdita è stata di ben -65%. Il che significa, ancora, una perdita per lo Stato italiano (dunque per i contribuenti, ergo noi) calcolata in 4,5 miliardi.
Riguardo ai risultati di bilancio diffusi dalla banca nella giornata di ieri, è emerso che “nel periodo aprile-giugno l’istituto senese ha registrato un rosso da 845,2 milioni di euro, contro l’utile di 65,2 milioni dello stesso periodo del 2019. Gli analisti si aspettavano un risultato negativo per 94,7 milioni. Sul risultato hanno pesato componenti non operative negative per 384 milioni di euro per accantonamenti a fronte di rischi legali e impegni contrattuali (legati a cessioni di assets), contributi straordinari ai fondi di sistema e oneri riferibili all’operazione di derisking. Sotto le aspettative anche il margine di interesse pari a 319,8 milioni, contro stime pari a 323,3 milioni”.
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