Mps risponde a Bce su aumento capitale. Intanto anche Banco BPM dice no, UniCredit continua a non cedere a corteggiamento sfrenato Mef
Mps risponde alla lettera della Bce: “L’eventuale operazione di aumento di capitale di Mps solo ipotizzata e la cui attuazione è comunque soggetta all’approvazione da parte di DG Comp e della Banca Centrale Europea per gli aspetti di competenza rappresenta un’opzione subordinata rispetto al perseguimento della soluzione strutturale”. Dunque, prima la soluzione per mettere in sicurezza la banca, poi l’eventuale raccolta di mezzi freschi sul mercato, per un valore di 2,5 miliardi di euro.
Mps lo scrive nero su bianco su un comunicato, in cui delinea anche una data in cui l’operazione di aumento di capitale potrebbe avvenire:
“La Banca ha inviato all’Autorità (alla Bce) un’ipotesi di tempistica dettagliata che prevede l’emissione delle nuove azioni entro marzo/aprile 2022“.
Ancora prima precisa: “Con riferimento al Capital Plan approvato il 28 gennaio 2021 e inviato alla Banca Centrale Europea (di seguito l’’Autorità’), l’Autorità ha preso atto della comunicazione resa dalla Banca nel contesto della presentazione dei risultati del primo trimestre dell’anno e, in particolare, che lo shortfall patrimoniale rispetto all’Overall Capital Requirement (OCR) possa essere, al 31 marzo 2022, inferiore a 1 miliardo di euro, ed ha richiesto una tempistica dettagliata di un’eventuale operazione di aumento di capitale di 2,5 miliardi di euro che consenta il computo delle azioni nel patrimonio prima che lo shortfall si verifichi”.
In Borsa il titolo Mps è praticamente ingessato, attorno a quota 1,1535 euro.
Cosa aveva chiesto la Bce a Mps
La Bce aveva inviato una lettera a Siena alla metà di giugno, chiedendo chiarimenti sull’aumento di capitale che la banca si è impegnata a sostenere nel caso in cui la «soluzione strutturale» – ovvero l’operazione di fusione con un’altra banca – non dovesse concretizzarsi”.
Qualche giorno fa un articolo di Bloomberg Intelligence faceva capire come Mps fosse tuttavia una sposa troppo poco desiderabile e praticamente brutta per aspettare la manna dal cielo sotto forma di una operazione di M&A. Di conseguenza gli analisti avevano scritto che l’aumento di capitale avrebbe potuto rivelarsi condizione sine qua non per dare Mps in sposa a qualcuno.
L’agenzia di stampa aveva ricordato che, alle prese con un fully loaded CET1 ratio di appena il 10,4%, il Monte di Stato fosse decisamente poco attraente.
Il problema è che Mps sembra brancolare ancora nel buio riguardo alla “soluzione strutturale” che persegue, visto che è essa stessa a scrivere che “rispetto a quanto già comunicato lo scorso 31 maggio – ed in ottemperanza alla informativa richiesta da Consob ai sensi dell’art 114 comma 5 del D.Lgs. n. 58/98 – si comunica che non ci sono aggiornamenti da segnalare in merito alla ‘soluzione strutturale’.
D’altronde, le bocche sembrano davvero cucite al Mef, ovvero al Tesoro, principale azionista del Monte di Stato con una partecipazione del 64% che non sa più, probabilmente, a chi sbolognare.
Mps: Non solo UniCredit, anche Banco BPM non ci pensa proprio
Non mancano invece le indiscrezioni, in particolare quelle riportate oggi da Il Messaggero, secondo cui “Banco BPM dice no all’acquisizione”.
Il titolo Banco BPM, mentre scriviamo, è in rialzo dell’1%.
Oltre a UniCredit, a cui sarebbero state fatte tra l’altro “ulteriori concessioni negli ultimi giorni”, come conferma il Messaggero, il Tesoro ha sondato anche Banco BPM. Il tempo stringe, visto che il Mef dovrebbe perfezionare la vendita del pacchetto di maggioranza che detiene, dunque privatizzare la banca, entro l’assemblea di bilancio 2021, in base agli accordi stipulati con l’Ue nel 2017, quando lo Stato è intervenuto nella banca con una operazione di ricapitalizzazione precauzionale.
Ma “Piazza Meda, con garbo istituzionale, avrebbe rifiutato qualunque interesse in linea con quanto da diversi mesi va ripetendo l’ad Giuseppe Castagna“.
Si attende ormai da qualche mese una dichiarazione del premier Mario Draghi sul dossier italiani tra i più scottanti. Il leader della FABI Lando Sileoni ha lanciato un appello:
“Auspico che il premier prenda definitivamente in mano il dossier Mps e faccia chiarezza, rispetto al futuro, dei 21 mila dipendenti e delle loro famiglie”.
L’articolo di Rosario Dimito ha riaffrontato anche il caso della freddezza di Andrea Orcel, numero uno di UniCredit, la banca considerata sposa ideale da parte del Tesoro, al punto che si è parlato nei giorni scorsi dell’arrivo di ulteriori incentivi-regali per convincere Piazza Gae Aulenti se non a una vera e propria fusione con Mps, almeno a farsi carico degli asset che potrebbero esserle più convenienti.
“Orcel ha avuto un colloquio diretto alcune settimane addietro con il Mef ma anche lui, con garbo, ha spiegato le ragioni per le quali non può prendere in considerazione un intervento, sia pure nella cornice di concessioni” che il Mef è pronto a elargire, ha rivelato il quotidiano romano.
Per Orcel, al momento, il diktat sarebbe infatti quello di completare la riorganizzazione della sua UniCredit.
Oggi il titolo UniCredit scatta di oltre +1%, all’indomani dell’emissione di bond Additional Tier 1 da 750 milioni di euro.
Orcel si è confermato osso duro anche quando il Tesoro ha ipotizzato uno sdoppiamento in due di MPS, “con la nascita di una bad bank in capo a un soggetto pubblico, contenente le passività e, come avvenne con le banche venete, la possibilità di retrocedere quei crediti in bonis che dovessero deteriorarsi”.
La situazione per Mps dovrebbe farsi finalmente più chiara dopo che, alla fine di luglio, l’Eba, ovvero l’autorità bancaria europea, diffonderà i risultati degli stress test.
Fondazione Mps, Rossi: troppo silenzio, attendiamo risposte
Intanto un appello è arrivato dal presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena Carlo Rossi, che ha detto di sostenere – stando a quanto riporta il Corriere di Siena, “l’iniziativa del sindaco Luigi De Mossi, che – nella giornata di lunedì – ha preso carta e penna e ha rotto gli indugi sul destino della banca Mps, chiedendo al governo del premier Mario Draghi di uscire dall’incertezza e chiarire la situazione sul futuro dello storico istituto di credito. Troppi silenzi, da una parte, quelli cioè tenuti con le istituzioni senesi; troppe voci dall’altra, quelle relative a presunte aggregazioni o presunti ‘spezzatini’ che coinvolgerebbero la banca nata nella città del Palio nel 1472.
“Troppo silenzio, ci aspettiamo risposte”, ha detto Carlo Rossi.
Le indiscrezioni riportate nelle ultime settimane hanno parlato di una Mps fatta a pezzi tra due contendenti: UniCredit per l’appunto, potenzialmente interessata agli asset di Mps dislocati in Toscana, centro Italia e Nord est , e Mediocredito centrale, che controlla tra l’altro anche la Popolare di Bari, per gli sportelli del Sud. Ma sono, ancora una volta, voci, che risuonano nel silenzio del governo Draghi.