Mps, Stato disperato: disposto a regalare dote fiscale da 3 mld a chi acquista la banca
Continuano a essere diverse le indiscrezioni che circolano sul futuro di Mps. Una ricapitalizzazione della banca da parte dello Stato-Mef sembra ormai un dato di fatto. Come scrivono gli analisti di Banca Imi, il risultato di bilancio della banca senese relativo ai primi nove mesi dell’anno ha mostrato che, a seguito degli accantonamenti effettuati per coprire i rischi legali del terzo trimestre del 2020 e dell’aggiornamento degli ostacoli attesi dal fronte delle autorità di regolamentazione, così come a causa degli accantonamenti sugli NPL legati alla crisi del COVID-19, Mps prevede ora che il suo capitale scenderà al di sotto dei requisiti patrimoniali chiesti dalla Bce, i cosiddetti SREP.
Di conseguenza, l’istituto sta valutando iniziative diverse per rafforzare il suo capitale. Dallo stesso bilancio è emerso che il Mef ha confermato la propria disponibilità a sostenere la banca nel processo di ripristino dei requisiti patrimoniali.
I rumor, dunque, sono piuttosto non su un aiuto da parte dello Stato, azionista di maggioranza con una quota del 68% – acquisita nel 2017 con una operazione di ricapitalizzazione precauzionale – ma sull’entità di questi aiuti: praticamente, su quanto capitale Mps debba raccogliere. Qualche giorno fa sia La Repubblica che MF hanno parlato di una “dote” da quasi 3 miliardi, “sotto forma di crediti fiscali, per incentivare chi si comprerà il Monte dei Paschi di Siena”. Questa dote sarebbe stata inserita anche nella manovra, nella legge di bilancio per il 2021. Per la precisione, sarebbe inclusa nell’articolo 29 della legge di bilancio, intitolato “Incentivi alle fusioni aziendali”.
Ma “nei palazzi romani c’è chi più prosaicamente ne parla come di regalo da 3 miliardi di euro a chi comprerà Monte dei Paschi”. Gli esperti di Banca Imi commentano che, su Mps, “la notizia non è che Mps ha bisogno di un aumento di capitale (‘ce lo aspettavamo’, scrivono), ma che l’importo della ricapitalizzazione potrebbe essere più importante delle attese, per garantire una condizione di neutralità del capitale, nel caso di una fusione tra Mps e un’altra banca. Dall’altro lato, la possibilità di trasformare i DTA da 3,7 miliardi di euro di Mps in crediti fiscali per un accordo di M&A, potenzialmente permesso dal governo (con la dote da 3 miliardi, per l’appunto), potrebbe ridurre le richieste di capitale in una operazione di risiko bancario.
Nella bozza della manovra si legge infatti, sempre nel capitolo dedicato agli incentivi alle fusioni aziendali che, “in caso di operazioni di aggregazione aziendale realizzate attraverso fusione, scissione o conferimento d’azienda e deliberate dall’assemblea dei soci, o dal diverso organo competente per legge, tra il primo gennaio 2021 e il 31 dicembre 2021″, chi acquista può “trasformare in credito d’imposta una quota di attività per imposte anticipate Dta che sono deferred tax asset) che si riferiscono a perdite fiscali ed eccedenze Ace (Aiuto alla crescita economica).
In tutto questo c’è da dire che, pochi giorni dopo che l’AD di UniCredit Jean Pierre Mustier ha ripetuto il suo no a qualsiasi operazione di M&A, il Messaggero è tornato di nuovo sul dossier Mps-UniCredit: “Mps, il Mef favorevole alla ricapitalizzazione per il piano UniCredit”.
Il quotidiano romano riprende anch’esso le indiscrezioni sulla dote di 3 miliardi prevista nella legge di bilancio, “in modo che il promesso sposo possa computare 3,7 miliardi di poste fiscali differite a capitale”.
Il Messaggero scrive anche che, “secondo fonti del Tesoro, l’insediamento alla presidenza di Pier Carlo Padoan (presidenza di UniCredit), ex ministro del Mef che gestì la ricapitalizzazione precauzionale di Mps nel 2017, potrebbe facilitare la combinazione”. Nel frattempo il titolo Mps registra alle 12 ora italiana un progresso dello 0,78%: i rumor non accedono i buy, in una sessione in cui il Ftse Mib, alla stessa ora, sale di oltre 1 punto percentuale.