Negozi: aperture domenicali a rischio, avviato iter per consentirne 8 all’anno
Il governo accelera sullo stop delle aperture domenicali dei negozi, facendo partire l’iter di una serie di proposte di legge che consentirebbero soltanto 8 aperture all’anno, puntando a rivedere e limitare le liberalizzazioni del governo Monti. In commissione attività produttive è arrivata la proposta di legge della Lega, a prima firma dell’onorevole Barbara Saltamartini, che disciplina gli orari di apertura degli esercizi commerciali e limita le aperture alle quattro domeniche di dicembre e ad altre quattro domeniche o festività nel corso dell’anno. Una proposta più rigidsa rispetto a quella avanzata dal M5S, a firma di Davide Crippa, che prevedeva invece 12 aperture domenicali o festive all’anno.
L’idea comune è comunque quella di rivedere il decreto “Salva Italia” introdotto a fine 2011 dal governo Monti, che ha lasciato totale libertà agli esercizi con una piena liberalizzazione degli orari di apertura. Una legge nazionale che stabilisce la libertà dell’imprenditore di gestire al meglio la propria rete commerciale, nel rispetto delle leggi e dei contratti, come già accade nell’industria, dove 330.000 persone lavorano la domenica. Ad oggi sono oltre 3,4 milioni i dipendenti che lavorano la domenica in Italia (il 20% del totale dipendenti).
I pro e i contro dalle associazioni di categoria
Di fronte alla proposta del governo, le associazioni di categoria mostrano pareri discordanti. Da una parte, Confesercenti accoglie con favore l’ipotesi di un “intervento correttivo sulla deregulation totale oggi in vigore”, per “correggere una distorsione che ha compresso i diritti di piccoli imprenditori e di lavoratori senza alcun vero vantaggio per economia ed occupazione, visto che ha causato indirettamente la chiusura di almeno 50mila negozi”. A supporto della sua tesi, Confesercenti snocciola una serie di altri dati sui consumi rimasti comunque al palo nonostante le liberalizzazioni: nel 2017 le vendite del commercio al dettaglio sono state inferiori di oltre 5 miliardi di euro ai livelli del 2011, ultimo anno prima del decreto Monti.
Di parere contrario, invece, Federdistributori che è da sempre favorevole alle aperture domenicali e festive “perché riteniamo siano un vero servizio per i cittadini, che ne avrebbero un danno se si dovesse tornare indietro dopo oltre 6 anni di liberalizzazione”. La sua tesi viene supportata da alcuni dati: 19,5 milioni di persone acquistano la domenica e laddove i punti vendita rimangono aperti, la domenica è il secondo giorno per fatturato, rappresentando quasi il 15% del fatturato settimanale.
Contrarie le associazione dei consumatori: si penalizzano le famiglie
“Se il Governo vuole uccidere il commercio in Italia, l’iter avviato è sicuramente quello giusto – afferma il presidente di Codacons, Carlo Rienzi – Una fetta consistente di negozi riesce a sopravvivere proprio grazie agli acquisti che i consumatori fanno nei giorni di festa, quando cioè le famiglie sono libere di uscire e girare per le vie dello shopping e i centri commerciali”. L’associazione appoggia l’idea di combattere il precariato e lo sfruttamento dei lavoratori, proponendo il lavoro domenicale su base volontaria, con il pieno riconoscimento dei diritti dei lavoratori, “ma la soluzione non può certo essere il blocco delle liberalizzazioni, soprattutto quando incombe l’e-commerce che attira un numero sempre crescente di consumatori”. Anche l’Unione Nazionale dei Consumatori esprime la sua contrarietà, affermando: “Governo ci riporta all’età della pietra”.