Nessuno tocchi la Fornero. Fmi taglia stime Pil Italia, teme aumento spread e doom loop
Nessuno tocchi la Fornero. E’ questo uno dei tanti messaggi arrivati da Maurice Obstfeld, responsabile economista del Fondo Monetario Internazionale, nel commentare la decisione di Washington di tagliare le stime sul Pil italiano, come emerge dall’ultima edizione di ottobre del World Economic Outlook.
Di fatto, l’Fmi prevede ora un rialzo del Pil dell’1,2% nel 2018 e dell’1% nel 2019, meno del +1,5% del 2017. C’è da fare comunque una precisazione: rispetto all’aggiornamento del World Economic Outlook di luglio, le stime sono state lasciate invariate.
Il downgrade si riferisce dunque alla precedente analisi di aprile (il WEO viene pubblicato due volte all’anno, ad aprile e ottobre per l’appunto), ed è pari rispettivamente per il 2018 e il 2019 a -0,3 punti percentuali per quest’anno e di -0,1 punti.
Nel caso specifico dell’Italia, la revisione al ribasso del Pil è stata motivata da Obstfeld con queste parole:
“Abbiamo visto lo spread aumentare e questo ha contribuito al downgrade”. Per il paese,”è imperativo che le politiche fiscali preservino la fiducia dei mercati”. Ancora, il taglio delle stime rispetto ad aprile è legato al “deterioramento della domanda esterna e interna e all’incertezza sull’agenda del nuovo governo”.
L’Italia viene considerata inoltre da Washington “più a rischio” di potenziali “shock” e, di conseguenza, , è cruciale “che il governo operi nel quadro delle regole europee”, ha detto ancora l’economista.
Il World Economic Outlook ha ribadito inoltre la posizione del Fondo Monetario Internazionale sulla riforma delle pensioni firmata dall’ex ministro Elsa Fornero:
“In Italia le passate riforme pensionistiche e del mercato del lavoro dovrebbero essere preservate e ulteriori misure andrebbero perseguite, quali una decentralizzazione della contrattazione salariale per allineare i salari con la produttività del lavoro a livello aziendale”.
“La possibilità di una marcia indietro sulle riforme, o dell’attuazione di politiche che danneggerebbero la sostenibilità del debito innescherebbero forti allargamenti degli spread”. Tra l’altro, l’incertezza politica “potrebbe scoraggiare gli investimenti privati e indebolire l’attività economica in diversi paesi, aumentando la possibilità di riforme più lente o significativi cambi negli obiettivi”.
Rivolgendosi non solo all’Italia, l’Fmi ha rilevato infine che “nell’area euro paesi con limitato spazio di bilancio (per esempio Francia, Italia e Spagna) dovrebbero usare questo periodo di crescita sopra il potenziale e di politica monetaria accomodante per ricostruire cuscinetti di bilancio, che potrebbero alleviare le tensioni” fra banche e debito sovrano (dunque, affrontare il problema del doom loop, tipico dell’Italia, inteso come abbraccio mortale tra banche e titoli di stato, per l’elevata esposizione che gli istituti di credito italiani hanno verso i BTP).
Da segnalare che la scure dell’Fmi ha colpito comunque l’intera economia globale, a causa dei timori legati alla guerra commerciale: Washington prevede ora un rialzo del prodotto interno lordo mondiale al tasso del 3,7% sia per il 2018 che per il 2019, in ribasso di 0,2 punti percentuali rispetto alle attese di aprile. I dazi doganali, scrive l’Fmi nel suo World Economic Outlook, freneranno in particolare la crescita americana e cinese nel 2019.
L’Fmi stima ora un rallentamento del Pil Usa dal 2,9% del 2018 al 2,5% nel prossimo anno. In quest’ultimo caso, le stime sono state tagliate di 0,2 punti percentuali. Taglio delle stime di 0,2 punti percentuali anche per il Pil cinese del 2019, ora previsto al 6,2% dal 6,6% del 2018.
Downgrade a carico anche dell’Eurozona, sia per i timori legati alla guerra commerciale che alla Brexit.
Per il Pil dell’Eurozona, la crescita è attesa per il 2018 al tasso del 2%, -0,2 punti rispetto al +2,2% dell’outlook di luglio. Un ulteriore indebolimento è atteso per il 2019, all’1,9%.
Il Pil della Germania, in particolare, è stato rivisto al ribasso all’1,9% sia per il 2018 che per il 2019, a causa del rallentamento delle esportazioni e della produzione industriale.
Il problema, per l’Italia, è che la sua economia rimane comunque fanalino di coda dell’intera Europa.