Niente più Tfr in busta paga da luglio: numeri e storia di un flop
Con la busta paga di luglio termina la sperimentazione avviata nel 2015 dal governo Renzi del cosiddetto anticipo del TFR mensile, il Trattamento di fine Rapporto anche conosciuto come liquidazione o buonuscita.
TFR in busta paga: di cosa si tratta
E’ stata la legge di Stabilità 2015 a introdurre la possibilità per i lavoratori dipendenti del settore privato di ottenere in busta paga ogni mese un anticipo del TFR. In gergo potevano chiedere la liquidazione maturanda insieme con lo stipendio detta Quir, acronimo di Quota integrativa della retribuzione. E’ il lavoratore che sceglie di fruire o meno di questa possibilità che termina inesorabilmente il 1° luglio. Ad annunciarlo l’Inps con il messaggio n. 2791 del 10 luglio 2018.
La fine del TFR in busta paga
In sostanza a partire da questa mensilità, i lavoratori non potranno più ricevere la Quir e il TFR maturato verrà accantonato presso l’azienda, e non verrà più quindi erogato ai dipendenti mese per mese.
Lo stop da luglio all’istituto del TFR in busta paga è stato deciso per varie ragioni. La prima più evidente è essenzialmente perché l’istituto dell’anticipo del TFR in busta paga si è rivelato un flop.
A dirlo i numeri: l’operazione è partita in via sperimentale tre anni fa e secondo quanto rivela l’Inps i lavoratori che hanno richiesto l’anticipo sono stati poco più di 217mila, picco record toccato a febbraio 2018. Si è passati dalle 110mila adesioni di inizio 2016, a superare quota 200mila a giugno e complessivamente dal 2016 ad aprile 2018 sono oltre 657 i milioni di euro incassati immediatamente, mentre i singoli lavoratori che hanno fruito della Quir per almeno un mese tra il 2016 e il 2018 sono stati 387.524. I lavoratori non sono stati attratti dal TFR in busta paga perché tassato con l’aliquota Irpef ordinaria. Una relazione Covip del 2015 quantificò la perdita per il lavoratore in termini fiscali: un lavoratore tipo con un reddito da 30mila euro optando per il TFR in busta paga nel triennio 2015-2018 avrebbe subito un prelievo di circa 2100 euro, più alto di quasi 600 euro rispetto all’ipotesi di chiedere un anticipo del TFR lasciato in azienda. Altro fattore che ha giocato in negativo è stata la scarsa informazione da parte della pubblica amministrazione.
Cosa fare quindi ora del proprio TFR?
Rimangono le opzioni tradizionali, ossia accantonare la quota esclusivamente all’interno dell’azienda, al Fondo di Tesoreria INPS oppure, ad una forma pensionistica complementare di destinazione.