Ocse: in Italia serve patrimoniale. E il fisco è leggero su prima casa e BTP. Reazione Confindustria
Una tassa patrimoniale anche in Italia, per ridurre disuguaglianze sempre più marcate, aumentate dopo la crisi economica dell’ultimo decennio. La richiesta arriva direttamente dall’Ocse che, nel suo rapporto ‘The role and design of net wealth taxes’ , sottolinea che uno dei modi per ridurre in modo più celere la forbice tra i più ricchi e i più poveri risiede proprio nell’imposizione della patrimoniale, almeno nel caso dell’Italia. Ma non solo.
“Dopo la crisi – si legge nel rapporto – sono proseguite le tendenze verso una maggiore disuguaglianza di ricchezza. Dati comparabili per sei paesi Ocse (Australia, Canada, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti) indicano che, dalla crisi, la concentrazione di ricchezza al vertice è aumentata in quattro di essi (Italia, Paesi Bassi, Stati Uniti e Regno Unito), mentre la disparità di ricchezza nella parte inferiore della distribuzione è aumentata in tutti i paesi tranne il Regno Unito”.
L’organizzazione parigina mette in evidenza i risultati di alcune analisi, stilate prendendo in considerazione il ricorso alla patrimoniale da parte di diversi paesi, anche nel corso della storia. Vengono riportati tutti i pro e i contro della tassa, e la conclusione è che, nei paesi in cui vengono imposte su larga scala le tasse sui redditi e sui capitali personali, incluse le imposte sulle plusvalenze, e dove le tasse di successione sono ben disegnate, la necessità di ricorrere alla patrimoniale, ovvero alla tassa sulla “ricchezza netta”, è minima. Non solo, in questi casi potrebbero generarsi anche effetti distorsivi.
Diverso è il caso di quei paesi in cui la tassa di successione non esiste e dove le imposte sui redditi sono particolarmente basse.
Non solo: l’Ocse afferma anche che l’Italia beneficia di una delle tassazioni più favorevoli nella stessa area Ocse per la prima casa, così come anche è leggera la tassazione sui BTP, i bond italiani.
Secondo l’agenzia, il fisco è invece pesante sugli investimenti in azioni.
Sulla prima casa, tuttavia, viene messo in evidenza che il fisco è leggero solo se la casa è abitata dai proprietari, che hanno acquistato l’immobile con i propri mezzi, senza dunque indebitarsi.
In questo caso, secondo l’organizzazione, l’aliquota marginale effettiva sull’abitazione è pari all’1,8%, la quarta più bassa tra i 40 Paesi presi in considerazione. Maglia nera della tassazione in questo caso va al Belgio, con il 49%, mentre le aliquote marginali più basse in assoluto contraddistinguono la Slovacchia, il Lussemburgo e l’Estonia.
La situazione cambia riguardo alla tassazione sulla casa data in affitto: in questo caso gli italiani si scontrano con un’aliquota del 47% incluse le imposte ricorrenti, fattore che posiziona l’Italia al 17esimo posto per intensità della tassazione.
Al primo posto c’è l’Australia con l’88%, mentre il fisco più mite è in Corea (9,3%).
Se la casa è stata acquistata con un mutuo, la situazione cambia ancora, a seconda dei casi: se è il proprietario a viverci, l’aliquota italiana è pari al 13,2%, comunque tra le aliquote più basse. Se invece l’abitazione che è stata acquistata attraverso il ricorso a un mutuo viene affittata, in Italia l’aliquota è pari al 76,4%, la quinta più alta tra i paesi considerati dall’Ocse.
Intanto, sul ‘consiglio’ che riguarda la patrimoniale, è pronta la risposta del numero uno di Confindustria Vincenzo Boccia che ha commentato ai giornalisti di Radiocor, a margine del Sustainable Economy Forum in corso a San Patrignano, il parere dell’organizzazione:
“Noi viviamo in un Paese in cui le patrimoniali le hanno già messe sui fattori di produzione”, per questo “dobbiamo fare molta attenzione per evitare che, siccome le imprese non votano, qualcuno pensi di mettere altre tasse sulle imprese, così le rendiamo meno competitive e facciamo un capolavoro a favore degli altri”.
In Italia, afferma ancora Boccia, ci sono già “tasse come Irap e Imu che, chi dovrebbe fare impresa, paga sui capannoni industriali”.
Piuttosto, “penso che, forse, una riforma fiscale che aiuta chi produce, il mondo del lavoro, i lavoratori e le imprese, non i patrimoni delle persone, sia un grande valore”.