Ocse: Italia in terza posizione per peso del cuneo fiscale, è al 47,7%
L’Italia è terza tra i Paesi dell’area Ocse per il peso del cuneo fiscale sul costo del lavoro. È quanto emerge dal rapporto “Taxing Wages” dell’Ocse che mette a confronto il cosiddetto “cuneo fiscale” (oneri e tasse a carico di imprese e lavoratori) nei Paesi dell’area Ocse. Secondo i dati dell’organizzazione di Parigi, nel 2017 le tasse e i contributi sociali a carico di lavoratore e datore di lavoro si sono attestasti al 47,7% nel caso di un lavoratore single, un valore più elevato rispetto alla media Ocse del 35,9% (dato in ribasso dello 0,13% rispetto a un anno fa). Una classifica capeggiata dal Belgio con un cuneo fiscale al 53,7% e dalla Germania al 50%, e sono vicinissimi ai dati italiani quelli della Francia (47,6%) e dell’Austria (47,4%).
Unimpresa: classifica Ocse dimostra l’urgenza della riduzione del peso delle tasse su imprese
“L’Ocse dimostra l’urgenza di una riforma fiscale seria volta alla riduzione delle tasse sulle imprese e pure sulle famiglie. L’Italia è ampiamente sopra la media globale per quanto riguarda il cuneo fiscale e il gap è un fattore di competitività assai penalizzante per il nostro Paese“. Lo dichiara il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci, commentando i dati dell’Ocse diffusi oggi secondo cui le tasse sul lavoro sono rimaste sostanzialmente ferme in Italia tra il 2016 e il 2017, dove il cuneo fiscale, pur scendendo al 47,7%, resta di quasi 12 punti sopra la globale del 35,9%.
“La crescita dell’economia – prosegue Pucci – ha bisogno di un impulso fortissimo che potrebbe arrivare proprio dall’abbattimento del peso dei tributi sul costo del lavoro. Ci sarebbero benefici diretti sia sui costi aziendali, che calerebbero, sia sulle buste paga dei lavoratori, che aumenterebbero immediatamente. Tutto questo con effetti positivi sul prodotto interno lordo, grazie soprattutto alla potenziale crescita degli investimenti e all’incremento dei consumi delle famiglie”.
Dello stesso avviso Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, secondo il quale i dati di oggi confermano che urge una riforma fiscale per aumentare la busta paga netta che i lavoratori effettivamente incassano.