Ok a Recovery Plan con tanto di crisi di governo conclamata: Italia Viva di Renzi pronta a staccare la spina
Crisi di governo conclamata, con Italia Viva di Matteo Renzi pronta a uscire dal governo. Stanotte il consiglio dei Ministri ha approvato il Recovery Plan, il Piano di ripresa e resilienza che stabilisce come l’Italia intende spendere quei 209 miliardi di euro di sovvenzioni e prestiti che le spetterano con il Next Generation EU (Recovery Fund). Ma le due ministre di Italia Viva, Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, si sono astenute dal voto.
Stando a quanto riportato dal comunicato stampa del CdM, Le risorse allocate nel Piano nazionale di rilancio e resilienza (Pnrr) sono in tutto pari a 210 miliardi di euro. Di questo ammontare, 144,2 miliardi sono risorse da destinare a “nuovi progetti” mentre i restanti 65,7 miliardi sono per “progetti in essere” che “riceveranno, grazie alla loro collocazione all’interno del Pnrr, una significativa accelerazione dei profili temporali di realizzazione e quindi di spesa”.
Ma Renzi, poco prima dell’esito della riunione del CdM, chiarisce già che “se non ci sarà il Mes le ministre di Iv si asterranno”. E così il Recovery Plan passa, ma senza l’ok delle due ministre.
Il leader di Italia Viva convoca per questo pomeriggio una conferenza stampa alla Camera, che potrebbe certificare la fine del sostegno di Italia Viva al governo Conte bis. Una crisi di governo che esplode proprio mentre l’Italia è nel pieno della seconda ondata della pandemia Covid-19.
Ma, in un intervento a Cartabianca su Rai3, Renzi non sembra disposto ad andare oltre l’appoggio che ha dato finora all’esecutivo Conte bis: “Stiamo rischiando molto. In un governo che butta via il denaro dei miei figli io non ci sto”. E su quello che succederà ora: “Credo che ci sarà o un Conte-Mastella o un governo diverso. Se ci sarà un nuovo governo dipenderà dal Parlamento: a noi ci stanno offrendo di tutto. Non puoi risolvere questa tematica complicata dando una poltrona ma con la politica”. E “purtroppo la politica non va di moda perchè va di moda il populismo trumpiano che il governo Conte-Salvini vedeva come modello”.
Non mancano le opportune precisazioni: nel governo “non dico che è stato tutto sbagliato – sottolinea Renzi – Su alcune cose chiediamo di migliorare, se si può migliorare stiamo dentro, se non si può migliorare perchè si dice che è un governo perfetto, che c’è un modello italiano, no”. E dunque “se l’obiettivo è tenere Conte lo aiuta Mastella e non Renzi“, ha aggiunto.
Il dado dunque è tratto? “Noi aspettiamo finisca il Cdm (Renzi ha parlato prima della conclusione della riunione del Consiglio dei Ministri, avvenuta nella notte), domani mattina (quindi stamattina) decideremo e nel pomeriggio lo comunicheremo”.
L’ultimo atto del sodalizio tra Italia Viva e il governo M5S-PD ha per oggetto la questione mai risolta del Mes, ovvero il ricorso a 36 miliardi di euro a tassi praticamente a zero che Renzi ha chiesto al governo di utilizzare, e che invece rimangono ancora lì, proprio in un nuovo momento di emergenza sanitaria per il paese.
Su questo punto anche Conte – ostaggio dei M5S, che hanno sempre ripetuto no al Mes – è altrettanto fermo.
“Il Mes non è compreso nel Next Generation, non è questa la sede per discutere il punto”, dice il presidente del Consiglio, che lancia un appello a “non speculare sul numero dei decessi in Italia per invocare l’attivazione del Mes”, con “un accostamento che offende la ragione e anche l’etica”.
Posizione condivisa anche dal ministro dell’economia Roberto Gualtieri, che sottolinea che “il Mes non ha nulla a che vedere con il programma Next Generation Eu” e che, anche se si decidesse di attivarlo, “non avremmo a disposizione risorse per investimenti aggiuntivi”.
Nella trasmissione DiMartedì, in onda su La7, l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi non nasconde il suo sconcerto:
“In questi giorni a Bruxelles respiravano tranquillità perché iniziavano a vedere programmazione in Italia. Cade Trump, abbiamo la presidenza del G20 e andiamo a fare la crisi adesso? Come possono pensare che siamo un Paese serio?” Ancora Prodi ricorda: “Sono stato l’unico nella storia della Repubblica a volere il voto di sfiducia in Parlamento, E secondo me bisogna farlo anche in questa circostanza”.
In ogni caso, “per mediare bisogna essere in due e Renzi ha lo stesso obiettivo di Bertinotti: rompere. Ad ogni proposta lui ha alzato l’asticella. Quindi credo che Conte abbia fatto bene ad ammettere che se rompe rompe, questa crisi non conviene”.
LA REAZIONE DEI BTP E LO SPETTRO DEL PAPEETE
L’appello a scongiurare viene anche dal direttore de La Stampa Massimo Giannini (La Stampa), intervenuto anche lui alla trasmissione DiMartedì:
“Dobbiamo sperare nel miracolo. Renzi deve fare un passo indietro, deve capire che il Papeete renziano non conviene neanche a Italia Viva”. A proposito del Papeete, sembrano lontane le parole che il ministro Gualtieri proferì quando annunciò che il governo M5S-PD, subentrato all’esecutivo giallo verde M5S-Lega, era riuscito a pagare il conto del Papeete.
La carta italiana, BTP in primis, ovviamente non prende bene la crisi politica. Lo spread BTP-Bund a dieci anni oscilla attorno ai 115 punti, a fronte di un tasso sui BTP decennali che viaggia al record dal 2 dicembre scorso, in rialzo allo 0,65%, nuovo massimo dopo quello di ieri, allo 0,629%, quando i tassi si sono impennati di 8,5 punti scontando anche il timore di un rialzo dell’inflazione, in particolare negli Stati Uniti: i rendimenti dei Treasuries decennali sono balzati infatti al record dallo scorso marzo: non per niente, lo stesso ceo di DoubleLine Capital, Jeffrey Gundlach, ha lanciato l’alert su una sorpresa, dal fronte dell’inflazione, che potrebbe prendere in contropiede gli investitori.
E’ anche vero che, nella giornata di ieri, come rimarcano stamattina gli esperti di IG, “Bullard e Rosengren (Eric Rosengren, presidente della Fed di Boston) hanno minimizzato i timori di un potenziale piano di tapering della Fed, entrambi concordi sul fatto che è troppo presto per pensare a una mossa del genere”.
Inflazione Usa a parte, i BTP rimangono osservati speciali anche dopo la nota di Moody’s, che ha incluso l’Italia tra i paesi più a rischio e più vulnerabili a un eventuale shock di fiducia degli investitori.
Tra l’altro, secondo gli analisti di Citi, “sebbene le elezioni anticipate siano tuttora viste come improbabili, il rischio di un ritorno alle urne è salito”.
Erjon Satko, strategist di Bank of America, ha fatto notare che “alcune notizie stanno pesando in modo significativo sui prezzi dei bond governativi italiani”, aggiungendo che “il mercato è preoccupato per qualsiasi sviluppo che potrebbe portare al ritorno di una politica euroscettica in Italia“.