Opa Kkr su TIM: per Vivendi il prezzo non è giusto. E anche la politica italiana è tra ostacoli maggiori a fattibilità operazione
Tim nel mirino del fondo americano KKR, ma non solo: diversi sono, secondo le indiscrezioni di mercato, i fondi di private equity che avrebbero adocchiato Telecom Italia. Si parla del fondo Cvc Capital Partner, che ha visto la luce negli anni ’90 con uno spin-off di Citibank e che, secondo quanto riportato oggi da Repubblica, “insieme a Nomura e Advent (di cui Gubitosi è stato operating partner dal 2015 al 2018) ha analizzato a fondo la fattibilità di un’Opa sulla società italiana”. Ma ci sarebbero anche il fondo UK Bain e la svedese Eqt.
D’altronde, pur mettendo come paletti la salvaguardia e la crescita dell’occupazione e lo sviluppo della rete – per la precisione, si legge nella nota del Mef – “il rapido completamento della connessione con banda ultralarga, secondo quanto prefigurato nel PNRR, con gli investimenti necessari nello sviluppo dell’infrastruttura” – il governo Draghi non ha agitato subito l’arma del golden power, precisando anzi nella nota di essere aperto alle “soluzioni di mercato”.
Altri fondi di private equity potrebbero dunque fare uno scatto in avanti da un momento all’altro e presentare offerte considerate più appetibili, soprattutto agli occhi dei francesi di Vivendi.
Vivendi e piccoli azionisti TIM bocciano offerta KKR
Vivendi, infatti, primo azionista di TIM con una quota di quasi il 24%, ha chiarito di non essere affatto soddisfatta di quanto messo sul piatto dal fondo KKR.
La bocciatura della proposta di 50 cents per azione da parte dei francesi era stata prevista dall’analista di Bloomberg Intelligence Erhan Gurses, che aveva ricordato come il colosso media francese avesse rilevato quella quota che lo ha reso il primo azionista del gruppo, pari al 24% circa, pagando 1,03 euro, praticamente il doppio circa di quanto offerto dagli americani del fondo. Non per niente Gurses aveva parlato di “ostacolo insormontabile”.
E il Sole 24 Ore oggi ha fatto notare che, se è vero che i 50,5 centesimi per azione offerti da KKR sono a premio del 46% rispetto al valore a cui il titolo TIM ha chiuso la sessione di venerdì scorso, è altrettanto vero che la proposta è superiore di appena il 7% rispetto al valore massimo che il titolo ha testato nel 2021. Repubblica scrive ancora che la stessa “cordata Cvc-Advent, secondo indiscrezioni, riterrebbe infatti la valutazione di Kkr inferiore alla somma delle parti del gruppo telefonico.
Idem i piccoli azionisti di TIM, con Franco Lombardi, presidente di Asati – (associazione dei piccoli azionisti di TIM), che ha detto chiaro e tondo che l’offerta è “molto bassa”, spiegandosi: “Ci aspettavamo una forchetta tra 0,7 e 0,8 per azione, per questo consigliamo ai nostri iscritti di mantenere le loro posizioni in attesa di una migliore offerta”-.
A ritenere che il prezzo non sia giusto potrebbe essere tra l’altro anche il governo Draghi, visto che Cassa depositi e prestiti, secondo azionista di Telecom Italia, ha acquistato la partecipazione che ora detiene, pari al 9,8%, a un prezzo medio di 65-70 centesimi.
Non è esclusa dunque una mossa dei fondi Cvc e Advent, che sono tra l’altro due fondi specializzati nel settore delle tlc: è pur vero che Kkr beneficia del fatto di aver fatto la prima mossa, contattando tra l’altro in anticipo il governo, secondo i rumor che circolano in queste ore. Kkr è già azionista, inoltre, della controllata di TIM FiberCop, con una quota pari al 37,5%.
Detto questo, fa riflettere la nota diramata dagli analisti di UBS sull’offerta lanciata da KKR:
“Notiamo che un fondo di capitali privati esperto come Kkr potrebbe rivelarsi più adatto a supportare il turnaround di Tim rispetto agli azionisti di riferimento che hanno controllato Tim negli ultimi 20 anni, grazie al suo lungo orizzonte di investimento, le sue ampie risorse finanziarie e l’ulteriore flessibilità consentita dal delisting”.
Ieri il titolo TIM ha chiuso la seduta di Piazza Affari in rally del 30,25% a 0,451 euro, valore comunque inferiore agli 0,505 euro offerti da Kkr. Bene anche il titolo Vivendi alla borsa di Parigi, che ha testato il record degli ultimi due mesi.Oggi il titolo TIM, quotato sull’indice benchmark Ftse Mib, si sfiamma in modo evidente e, dopo un avvio di seduta promettente, in rally di oltre il 3%, alle 10.46 più che dimezza i guadagni, avanzando di appena l’1,5%.
TIM-KKR, Equita: politica tra punti più critici per fattibilità operazione
Così Equita nella sua nota odierna, in cui mette in evidenza “la posizione critica della Lega, le incertezze per il CdA del 26/11: “Non si registrano novità in merito alla posizione del governo. Si cominciano a registrare invece le posizioni dei partiti politici, uno dei punti più critici a nostro avviso per la fattibilità dell’operazione. La posizione più esplicita è stata espressa dal leader della Lega Salvini che ha chiaramente espresso l’opposizione all’idea del break-up societario (valorizzazione dei singoli asset) e vede la necessità di un cambio delvertice manageriale, una posizione che appare molto vicina a quella di Vivendi. Meno nette le posizioni degli altri partiti di governo, dal PD (che chiede al governo di tutelare i cittadini ed evitare condizionamenti esteri sulla rete, spingendo per un progetto che porti a una rete unica a controllo pubblico), ai 5S e FI (che chiedono al governo di comunicare in parlamento l’evoluzione della situazione). Tra gli altri spunti, emerge il fatto che il CdA di domenica non ha dato mandato al CEO (Luigi Gubitosi) di trattare con KKR e che quindi ad oggi non è partita la due diligence richiesta dal fondo. Il CdA di venerdì 26, richiesto dalla maggioranza dei consiglieri per la review delle strategie aziendali e che poteva essere il momento per un confronto con il CEO, dovrà quindi ora valutare anche come procedere con KKR, nominando gli advisor e avviando la negoziazione. Rimane incerto se nel CdA sarà posto il tema della fiducia al CEO. Secondo diversi articoli di stampa, vista la delicatezza della situazione il tema potrebbe essere rimandato. Sul fronte della potenziale offerta di KKR, Vivendi ha chiaramente espresso la posizione che il prezzo indicativo non rifletta la vera valutazione dell’azienda”.
Cda TIM lo stesso giorno di firma Macron-Draghi a Trattato del Quirinale
A questo punto il prossimo appuntamento cruciale è quello di venerdì 26 novembre, quando si riunirà il cda di TIM: il caso vuole che la riunione cada nello stesso giorno in cui il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi apporrano la firma all’attesissimo Trattato del Quirinale.
Un trattato, come ha annunciato giorni fa l’Eliseo, che “favorirà la convergenza delle posizioni francesi e italiane, e il coordinamento dei due Paesi in materia di politica europea ed estera, di sicurezza e di difesa, di politica migratoria, di economia, di scuola, ricerca, cultura e cooperazione transfrontaliera”. Un trattato la cui importanza strategica nello scacchiere della geopolitica mondiale, secondo indiscrezioni emerse negli ultimi giorni, avrebbe portato il governo Draghi a riprendere anche l”ipotesi grande fusione tra Leonardo e Fincantieri.
“L’idea è che i due giganti della difesa nazionale rafforzino il loro ruolo in una unica struttura”, aveva scritto Bloomberg, sottolineando che la chiave di tutto è il rapporto tra Italia e Francia, paesi “entrambi protettivi della propria industria della difesa che, nei prossimi giorni, dovrebbero firmare un trattato per rafforzare la loro cooperazione”. Per l’appunto, il Trattato del Quirinale.
E qui si innesta la politica, non solo italiana ma anche francese, che vede in primo piano lo scontro tra il magnate di Vivendi Vincent Bolloré e il presidente francese stesso, Emmanuel Macron. E’ possibile che tutti i sogni di gloria di Bolloré su Telecom Italia non vengano appoggiati infatti dal capo dell’Eliseo:
“I rapporti tra Macron e Bolloré – scrive Repubblica -non sono dei migliori. Il magnate bretone si è costruito Oltralpe un impero mediatico in poco tempo ed è accusato di sostenere il giornalista sovranista Eric Zemmour che dovrebbe correre alle presidenziali contro l’attuale capo di Stato”.
Rimanendo sul tema della politica, in Italia i politici si sono già fatti avanti per esprimere le loro opinioni sulla manifestazione di interesse del fondo americano KKR su TIM, sventolando la bandiera dell’italianità (che, c’è da dire, in Telecom Italia, non sventola da parecchio):
Matteo Salvini, leader della Lega, interpellato da Affaritaliani.it, ha detto ieri che “a Tim, e quindi all’Italia, servono un partner ed un piano industriale che valorizzino e rafforzino l’azienda, non un’operazione finanziaria che rischia di portare ad uno spezzatino di una realtà così importante per il Paese”.
Giorgia Meloni, leader di FdI, ha rincarato la dose:
“Fratelli d’Italia chiede al Governo di riferire subito in Parlamento sul dossier Tim, che tocca uno dei settori strategici della nostra Nazione. Al momento non risulta che il ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, Vittorio Colao, si sia mosso per capire quali siano le reali intenzioni del fondo statunitense KKR e a cosa sia finalizzata la loro proposta d’acquisto: se al rilancio dell’azienda o allo smembramento e alla successiva vendita degli asset. Nessuna parola dall’Esecutivo Draghi è arrivata neanche sul tema della tutela dei lavoratori e delle loro competenze. Il silenzio è preoccupante e Fratelli d’Italia chiede chiarezza“.
Toni meno forti ma improntati comunque alla cautela visto il valore strategico per l’Italia della rete TIM sono arrivati anche da altri partiti, mentre il Sole 24 Ore riporta che “si è svolto ieri sera un primo vertice di governo sul dossier Tim”.
“Di fatto – si legge nell’articolo – una convocazione anticipata, decisa nel pomeriggio, del comitato allargato che era inizialmente previsto in settimana. All’incontro avrebbero partecipato il ministro dell’Economia Daniele Franco, il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, il ministro dell’Innovazione tecnologica e transizione digitale Vittorio Colao, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli e il consulente economico di Palazzo Chigi Francesco Giavazzi“.