Finanza Notizie Italia Reddito di cittadinanza: al via la stretta anti furbetti del divorzio. Controlli serrati dei vigili

Reddito di cittadinanza: al via la stretta anti furbetti del divorzio. Controlli serrati dei vigili

20 Febbraio 2019 16:22

Iniziano a diventare più precisi i contorni del reddito di cittadinanza nel decretone che insieme a quota 100 approderà in Aula lunedì prossimo. Da una parte la Lega chiede maggiori controlli sul sostegno economico fortemente voluto dal M5S, dall’altra i Cinque Stelle che tutelano l’anima del reddito di cittadinanza consentendo ritocchi marginali.

Dal cambio di residenza agli stranieri: le ultime modifiche

Una delle modifiche al decretone su cui M5s e Lega hanno trovato l’accordo riguarda il cambio di residenza: non potrà avere il reddito di cittadinanza chi ha cambiato residenza dopo il 1° settembre 2018. Da qui partiranno scrupolosi controlli dei vigili urbani e per chi rilascia dichiarazioni mendaci ci sarà l’esclusione per 5 anni dall’accesso al reddito.
Tra le modifiche accordate anche la stretta contro i ‘furbetti’ del divorzio: la commissione Lavoro del Senato ha approvato l’emendamento targato Lega che prevede che qualora la separazione o il divorzio sia avvenuto dopo il 1° settembre 2018, gli ex coniugi che fanno domanda di reddito di cittadinanza devono certificare di non risiedere più nella stessa casa con “apposito verbale della polizia municipale”.

Tra le altre novità si prevede l’esclusione dal reddito del solo componente della famiglia che si dimette volontariamente dal lavoro per ottenere il sussidio, ma non per tutto il nucleo familiare. Inoltre diventa più complesso per gli stranieri extracomunitari chiedere e ottenere il reddito di cittadinanza. Semaforo verde della Commissione Lavoro del Senato ad un emendamento della Lega che vincola l’accesso alla presentazione di “certificazione” di reddito e patrimonio e del nucleo familiare rilasciata dallo Stato di provenienza, “tradotta” in italiano e “legalizzata dall’Autorità consolare italiana”. Esclusi i rifugiati politici e chi proviene da Paesi dai quali non è possibile ottenere la certificazione, inseriti in una lista che dovrà redigere appositamente il ministero del Lavoro entro tre mesi.