Report Alvarez&Marsal: verso una nuova era nei consumi. Italiani temono per le proprie finanze
Sono trascorsi quattro mesi dallo scoppio in Italia dell’emergenza Covid-19, ma la stagione pre-coronavirus sembra nella mente di molti molto lontana. Oltre alla pesante situazione sanitaria che è stata affrontata da febbraio ad oggi, ci sono tutti i risvolti economici che continuano a far sentire. E in questo scenario di forte incertezza, sono 16,4 milioni gli italiani convinti che cambieranno in maniera permanente le proprie abitudini di acquisto in seguito alla pandemia, e soprattutto in conseguenza alla percezione del rischio di contagio. Questo un trend che emerge dall’ultimo report realizzato dalla società di consulenza globale Alvarez&Marsal in collaborazione con Retail Economics e basato su un campione di 6000 consumatori appartenenti a 6 paesi europei: Italia, Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna e Svizzera.
E così mentre i consumatori europei riconciliano l’impatto della crisi con le loro abitudini quotidiane, sono emersi quattro distinti comportamenti di consumo:
(1) Cauto: ridurre alcune spese e attendere tempi più normali (Cautious)
(2) Imperterrito: i livelli di spesa sono rimasti inalterati dall’impatto del virus (Undettered)
(3) Ibernatore: ridotti tutti gli acquisti non essenziali (Hibernator)
(4) Fiducioso: i livelli di spesa sono aumentati (Confident).
Prima l’essenziale e l’ascesa dell’eCommerce
Secondo il sondaggio nel corso della pandemia i consumatori hanno contratto le proprie spese focalizzandosi sui bisogni essenziali. Gli italiani hanno continuato a spendere solo per il cibo (+15%) mentre hanno decurtato tutte le altre categorie d’acquisto: giù del 75% vestiti e scarpe, -50% per i mobili, -20% libri e giornali. Insomma, a resistere sono stati solo quei consumi di quei prodotti legati al maggior tempo trascorso tra le mura domestiche, come ad esempio elettronica di consumo, pc portatili o attrezzature per la ginnastica in casa. A uscirne enormemente rafforzata la vendita online che aumenterà complessivamente in Europa il suo giro d’affari per quest’anno di 13,6 miliardi di euro e solo in Italia di 1,5 miliardi. Un valore tutt’altro che marginale, anche se confrontato con altri Paesi come l’Inghilterra e Francia, che stando alle proiezioni, sperimenterebbero un aumento rispettivamente di 5 e 3 miliardi di euro. Già, perché l’Italia è uno dei paesi europei, fra i 6 presi in considerazione dalla ricerca, dove la penetrazione dell’online presso i consumatori è più bassa: 6,3% nel 2019 che complice il coronavirus schizza per quest’anno a 8,3%, con un previsionale per il 2021 del 9,5%. Peggio di noi solo la Spagna che stando ai dati a disposizione mostrerà una simile spinta propulsiva, passando da un 5,3% del 2019 a un 7,3% per il 2020 destinato ad assestarsi a un 7,6% per il 2021. Capofila in termini di abitudini dei consumatori all’acquisto online, la Gran Bretagna, che per quest’anno tocca 24% (+4% rispetto al 2019), una percentuale così alta da doppiare la Germania, seconda in classifica con un 13,9% per il 2020. Interessante notare che in Italia gli acquisti online aumentano del 23% ma che queste transazioni non riguardano il settore del food.
La stagione delle alleanze strategiche
L’indirizzo verso un mutamento radicale delle abitudini di consumo, unito alla velocità di spostamento sui canali digitali, particolarmente sostenuta per paesi come Italia e Spagna, suggerisce la necessità di un cambiamento profondo per gli store fisici che dovranno riorganizzare il loro business model. “La nuova normalità per i retailer sarà caratterizzata da una mutazione strutturale – dice Alberto Franzone, managing director di Alvarez&Marsal – i negozi dovranno essere capaci di intercettare i nuovi bisogni dei consumatori e riempire quei vuoti lasciati liberi dalla trasformazione”.
Secondo la società di consulenza dopo una prima fase votata alla “sopravvivenza” durante la quale molti rivenditori di beni non essenziali hanno dovuto rallentare o chiudere, i retailer dovranno rivedere i propri modelli operativi rafforzando la presenza digitale tramite lo sviluppo dei propri e-commerce o rafforzando la presenza sui marketplace, migliorando la logistica e la copertura dell’ultimo miglio, utilizzando in maniera strategica strumenti quali i data analytics, coniugando la customer experience con il CRM, e usando i nuovi strumenti dell’intelligenza artificiale. “Questa – prosegue Franzone – è la stagione delle partnership strategiche nelle quali catene tradizionali si alleano con nuovi players digitali per soddisfare bisogni che le misure anti-coronavirus e il superamento della pandemia avranno fatto crescere nei consumatori”.
Verso una nuova normalità
Dallo studio emerge inoltre che i consumatori europei sono notevolmente allineati nelle loro aspettative su quanto tempo ci vorrà prima che possano sperimentare una qualche parvenza di normalità. La maggior parte ritiene che ci vorranno circa sei mesi prima di tornare alla “normalità. Tuttavia, il ritorno a uno stato di normalità (o a una nuova normalità) non preclude l’idea che il nostro stile di vita possa cambiare in modo permanente. La nostra analisi mostra che i consumatori si aspettano un cambiamento permanente nel modo di comunicare, lavorare, fare esercizio fisico, mangiare, socializzare e molto altro ancora. Questo vale soprattutto per il modo in cui i consumatori fanno acquisti.
Italiani spaventati per le proprie finanze
Benché l’Italia sia uno dei Paesi europei, fra i 6 presi in esame, insieme a Germania e Svizzera che ha maggiormente apprezzato la reazione della propria classe politica (circa la metà del campione intervistato si è trovata in accordo con le misure del governo) è anche uno dei paesi che si mostrato più preoccupato per l’esito che la crisi potrebbe avere sulle finanze personali, oltre che sul mercato immobiliare, sul lavoro, sull’economia del paese e su quella globale. “A fronte di questo quadro di pessimismo generalizzato, usciranno dalla crisi gli operatori che sapranno cogliere in modo innovativo il processo di trasformazione del commercio tradizionale post coronavirus, intercettando comportamenti d’acquisto nuovi in un paradigma settoriale in evoluzione. In logica darwiniana, sopravviveranno solo i retailers capaci di cambiare”, conclude Franzone.