Salvini: Bankitalia conferma necessità shock fiscale. Non proprio: Visco teme effetti su debito mancato aumento IVA
Il vicepremier leghista Matteo Salvini commenta a caldo le dichiarazioni di Ignazio Visco, numero uno di Bankitalia, mostrando una certa soddisfazione.
“Bene la relazione della Banca d’Italia, che conferma la necessità di uno shock fiscale per far ripartire l’economia italiana. La flat Tax è la prima riforma che governo e parlamento dovranno discutere”.
In realtà, Visco è stato piuttosto fermo nel chiedere all’Italia di attuare una strategia rigorosa e credibile per ridurre il debito pubblico e, a più riprese, ha rimarcato l’importanza di attenersi proprio a quelle regole europee che il leader della Lega considera vecchie e superato.
Inoltre, non solo non ha dato un assist esplicito alla flat tax (e neanche implicito), ma ha anche messo in evidenza i problemi contro cui l’Italia potrebbe imbattersi se il governo decidesse di un aumentare l’Iva:
“Un avanzo primario inferiore a mezzo punto percentuale, come quello che si otterrebbe nel 2020 se le clausole di salvaguardia dell’Iva previste dalla legislazione vigente fossero disattivate senza compensazione, non sarebbe compatibile con la riduzione dell’incidenza del debito sul Prodotto; avrebbe ripercussioni negative sul premio al rischio dei titoli pubblici e, per questa via, sull’attività economica. E’ coerente con queste preoccupazioni che nel Def si subordini la disattivazione delle clausole relative all’Iva all’individuazione di misure compensative”.
Debito e deficit si confermano insomma il peccato originale dell’Italia. Visco non fa nulla per indorare la pillola, anzi chiede a Roma di agire per risanare i conti pubblici.
In quella che si presenta come la nuova alba dell’ennesimo scontro tra Roma e Bruxelles – con lo scambio di missive tra l’Ue e il Mef -, più che confermare la necessità di uno shock fiscale il governatore di Bankitalia esprime più di una preoccupazione:
“Come riconosciuto anche nel Def il rallentamento congiunturale tende ad accrescere il disavanzo pubblico per l’anno in corso. L’aumento dell’incidenza del debito sul Pil potrebbe superare quello indicato nei programmi del governo (pari a quasi mezzo punto percentuale), che scontano incassi da privatizzazioni per circa 18 miliardi (un punto percentuale del Pil)”. L’invito è, dunque, di adottare una strategia rigorosa che tenda alla riduzione del rosso delle casse dello Stato:
“L’elevato rapporto tra debito pubblico e Pil rimane un vincolo stringente; per allentarlo non si può ritardare nel definire una strategia rigorosa e credibile per la sua riduzione nel medio termine”.
D’altronde, “rispetto all’area dell’euro, da noi il costo del debito è più elevato e la crescita economica più bassa” e “quando il divario tra costo del debito e crescita economica è positivo occorre un avanzo primario anche solo per stabilizzare il debito; più ampio è il divario, maggiore è l’avanzo necessario”.
Visco sottolinea anche che con “il deficit non si cresce”, e punta sulla necessità che si dia spazio non a sussidi ma a stimoli produttivi.
“Limitarsi alla ricerca di un sollievo congiunturale mediante l’aumento del disavanzo pubblico può rivelarsi poco efficace, addirittura controproducente qualora determini un peggioramento delle condizioni finanziarie e della fiducia delle famiglie e delle imprese. Il rischio di un’espansione restrittiva non è da sottovalutare; l’effetto espansivo di una Manovra di bilancio può essere più che compensato da quello restrittivo legato all’aumento del costo dei finanziamenti per lo Stato e per l’economia”.
Visco consiglia inoltre agli italiani di non incolpare l’euro e l’Unione europea per i problemi dell’economia italiana che, più che provenire dall’esterno, sono endogeni, strutturali. Tra l’altro, l’euro ha avuto il merito di rimuovere la tassa occulta rappresentata da quell’inflazione galoppante che, prima della sua introduzione, falcidiava il potere di acquisto delle famiglie.
“Addossare all’Europa le colpe del nostro disagio è un errore, non porta alcun vantaggio e distrae dai problemi reali. Saremmo stati più poveri senza l’Europa, lo diventeremmo se dovessimo farne un avversario”.
“L’appartenenza all’Unione Europea – ha sottolineato ancora il numero uno di Bankitalia – è fondamentale per tornare su un sentiero di sviluppo stabile: è il modo che abbiamo per rispondere alle sfide globali poste dall’integrazione dei mercati, dalla tecnologia, dai cambiamenti geopolitici, dai flussi migratori. La crescita istituzionale dell’Europa ha accompagnato quella economica di tutti i paesi del continente: ha aperto un mercato più ampio alle imprese e ai consumatori, reso disponibili maggiori fondi a sostegno delle aree svantaggiate, facilitato la cooperazione in campi strategici, garantito un quadro di stabilità monetaria”.
E così come non si deve incolpare l’Europa, non si deve incolpare, per l’appounto, neanche l’euro. Anche perché la debolezza della crescita dell’Italia degli ultimi 20 anni non è stata causata dall’euro, che semmai ha “abbattuto quella tassa occulta” che colpiva famiglie e imprese con l’elevata inflazione: la bassa crescita si spiega piuttosto con i ritardi e le debolezze strutturali proprie dell’Italia.
Visco ha ricordato come agli inizi degli anni ottanta del secolo scorso l’inflazione fosse vicina al 20 per cento “e ancora intorno al 5 nella prima metà del decennio successivo”.