Schoders, investimenti rischiosi: in Italia i più audaci sono i giovani
Cresce la percentuale di italiani che si auto-definiscono esperti che mettono buona parte dei loro portafogli in investimenti rischiosi, circa il 22 per cento contro il 23 per cento della media europea. A dirlo la terza fase della ricerca annuale Schroders Global Investor Study 2018, che ha coinvolto oltre 22.000 investitori a livello globale. Dalla ricerca emerge che gli investitori che si auto-definiscono “esperti” allocano in media il 24% del portafoglio in asset ad alto rischio, nei cui benefici potenziali sembrano riporre maggiore fiducia, contro il 14% investito dai cosiddetti “principianti”.
I giovani investitori italiani si mostrano più audaci dei senior
In Italia gli italiani “esperti” si avvicinano sostanzialmente alla media globale, mentre scende al 4% la quota allocata da parte dei “principianti” negli investimenti rischiosi, mostrandosi così di gran lunga più prudenti non solo rispetto alla media mondiale ma anche a quella europea (11%). Tra gli “esperti”, gli investitori più giovani – di età compresa tra i 18 e 24 anni – sono quelli più audaci, visto che investono maggiormente in prodotti ad alto rischio, con il 27% dei portafogli allocato in tal modo a livello globale. All’opposto, gli investitori con età superiore ai 65 anni mostrano un approccio agli investimenti più cauto, destinando il 20% del loro portafoglio in asset ad alto rischio. In Italia, malgrado un livello medio di prudenza generalmente molto elevato, i giovani in età compresa tra 18 e 24 anni si distinguono per una propensione più simile a quella degli investitori “esperti”, con un 17% allocato mediamente in asset rischiosi, mentre gli investitori con più di 65 anni riservano solo il 10% del portafoglio a investimenti ad alto rischio.
Non solo rischio: ecco come viene diversificato il portafoglio
Oltre agli investimenti rischiosi, la rimanente parte del portafoglio medio degli investitori “esperti” a livello mondiale il 34% viene destinato all’azionario, il 19% all’obbligazionario, il 13% ai fondi immobiliari e il 12% a strumenti alternativi. Nel complesso, più di un terzo (34%) degli investitori “esperti” ritiene di detenere un portafoglio ben diversificato, mentre ciò vale solo per il 9% dei “principianti”. Guardando all’Italia invece gli investitori “esperti” continuano a riservare all’obbligazionario una percentuale elevata (28%), ma non trascurano l’azionario, su cui allocano il 29%, mentre a fondi immobiliari e strumenti alternativi destinano quote sostanzialmente in linea con quelle che emergono a livello mondiale: 12% in immobiliare e 11% in alternativi. Inoltre gli investitori italiani “esperti” ritengono che il proprio portafoglio sia ben diversificato (22%), mentre solo il 5% degli investitori “principianti” è di questo avviso. All’interno del campione italiano, sono le nuove generazioni che mettono in discussione la classica predilezione per gli investimenti obbligazionari con i Millennial cje dedicano in media il 25% del portafoglio a questa asset class, contro il 32% degli investitori italiani over 37. “A prescindere dal livello di competenza finanziaria, tutti gli investitori devono domandarsi quanto rischio sono disposti a tollerare per ottenere ciò che vogliono, in base alla propria situazione individuale” commenta Rupert Rucker, Head of Income Solutions, Schroders. “Le persone hanno grandi speranze per i propri risparmi: fanno progetti per il futuro e, per realizzarli, sperano di veder crescere i propri investimenti. Bisogna stare tuttavia attenti nella stima del reddito ottenibile perché, se troppo lontano dalla meta, i progetti potrebbero essere compromessi”.