Scontro Boeri-Salvini su immigrazione e Fornero. Di Maio fa promessa su pensioni minime, mentre Ocse avverte su salari
L’immigrazione non è un problema, semmai lo è l’emigrazione, sotto forma di fuga all’estero dei giovani. La riforma Fornero? “Non è possibile” smontarla del tutto. Quota 100? La sua applicazione creerebbe subito 750.000 pensionati in più e se fosse pura costerebbe ben 20 miliardi all’anno. Il presidente dell’INPS Tito Boeri non dà ascolto agli avvertimenti arrivati nelle ultime ore dal leader della Lega, vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, che contro di lui non ha risparmiato più di una stoccata.
Salvini, senza alcun dubbio, sta perdendo la pazienza con Boeri, che sottolinea a più riprese come l’immigrazione sia piuttosto una risorsa, e non ci sta: per questo, nelle ultime ore, interpellato a margine dell’assemblea degli assicuratori dell’Ania, il vicepremier ha tuonato contro il numero uno dell’INPS:
Boeri, ha detto, “dovrebbe rendere efficiente il lavoro della sua azienda, che non sempre risponde bene e velocemente ai cittadini italiani. Non dovrebbe far politica“.
“Che siano gli immigrati a pagar le pensioni degli italiani e a tenere in piedi questo Paese – ha continuato Salvini – è abbastanza curiosa come ipotesi. Gli immigrati regolari per bene che lavorano sono parte integrante di questo Paese. Però penso che il diritto alla pensione venga prima dei diritti di esternazione del presidente Boeri che si dovrebbe preoccupare di rendere efficiente il lavoro dell’Inps“.
Salvini non si ferma certo qui e in un video postato su Facebook l’avvertimento si fa più serio: “L’immigrazione positiva, pulita, che porta idee, energie e rispetto è la benvenuta. Il mio problema sono i delinquenti, come quello che ha ammazzato un italiano di 77 anni a Sessa Aurunca, preso a pugni da una di queste ‘risorse’ che ci dovrebbero pagare le pensioni. Perchè c’è ancora qualche fenomeno, penso anche al presidente dell’Inps, che dice che senza immigrati è un disastro. Ma ci sarà tanto da cambiare anche in questi apparati pubblici”.
Tito Boeri va però dritto per la sua strada e fa anche riferimento alla disinformazione presente in Italia. A suo avviso gli italiani stanno infatti sottovalutando la quota di popolazione con una età superiore ai 65 anni e sovrastimando, contestualmente, il numero di immigrati: una situazione che riflette una “vera e propria disinformazione”.
Il rimprovero è netto: “la deviazione fra percezione e realtà è molto più accentuata da noi che altrove. Non solo pregiudizi. Si tratta di vera e propria disinformazione”. La verità è che per “mantenere il rapporto tra chi percepisce una pensione e chi lavora su livelli sostenibili è cruciale il numero di immigrati che lavoreranno nel nostro Paese”.
Piuttosto, il problema è la fuga dei giovani all’estero. Di conseguenza, oltre al rimprovero, Boeri invita sia il Parlamento che il governo a puntare sui giovani:
“Siamo all’inizio di una nuova legislatura con un nuovo Parlamento e un nuovo esecutivo che hanno da poco iniziato a operare. Nell’augurare a entrambi buon lavoro non possiamo che reiterare con forza il nostro invito a pensare al futuro. Nel confronto pubblico degli ultimi mesi si è parlato tanto di immigrazione e mai dell’emigrazione dei giovani. Nessuno sembra preoccuparsi del declino demografico del nostro paese”, quando laa stessa INPL nei precedenti rapporti annuali ha messo in evidenza la situazione di “abbandono” dei giovani.
“Purtroppo la fuga all’estero di chi ha tra i 25 e i 44 anni non sembra essersi arrestata neanche con la fine della crisi”, visto che nel 2016 sono emigrate 115mila persone, l’11% in più rispetto all’anno precedente.
“Il declino demografico è un problema molto più vicino nel tempo di quanto si ritenga. Ai ritmi attuali, nell’arco di una sola legislatura, la popolazione italiana secondo scenari relativamente pessimistici, ma non inverosimili, potrebbe ridursi di circa 300.000. È come se sparisse una città come Catania“.
Ma l’accento che Boeri pone sulla questione giovani e sulla sostenibilità del sistema pensionistico viene subito contraddetto dall’altro vicepremier del governo M5S-Lega: il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, che sforna una nuova promessa: quella di aumentare le pensioni minime a 780 euro al mese. E che aggiunge ancora che “il reddito di inclusione (Rei) è un “palliativo”, mentre invece un “serio strumento” di sostegno al reddito è quello che “noi chiamiamo reddito di cittadinanza”.
Di conseguenza, dice il vice premier parlando in occasione della relazione annuale dell’Inps, questa misura va realizzata “il prima possibile”.
Torna alla carica anche Salvini che, dopo l’intervento di Boeri, sbotta di nuovo: “‘Servono più immigrati per pagare le pensioni… cancellare la legge Fornero costa troppo… servono più immigrati per fare i tanti lavori che gli italiani non vogliono più fare…’ Il presidente dell’Inps continua a fare politica, ignorando la voglia di lavorare (e di fare figli) di tantissimi italiani. Dove vive, su Marte?“.
Ma Boeri una risposta al ministro l’ha già data, nel momento in cui ha affermato: “I dati sono la risposta migliore e non c’è modo di intimidirli. La mia risposta è nei dati e i dati parlano. Oggi presentiamo quella che è la verità che bisogna dire in Italia”.
Tutto questo, mentre arrivano anche le dichiarazioni dell’Ocse sull’Italia. Dichiarazioni da cui emergono le tante vulnerabilità del mercato del lavoro, con un tasso di disoccupazione in Italia “sceso” ma che, all’11,2% nell’aprile 2018, rimane il terzo più alto tra i paesi dell’Ocse e 4,6 punti percentuali sopra il livello del 2008″. E con “i salari reali” che “sono scesi dell’1,1% tra il quarto trimestre 2016 e il quarto trimestre 2017, rispetto a una media Ocse del +0,6% nello stesso periodo”.
Certo, prosegue l’organizzazione parigina, il mercato del lavoro è “migliorato negli ultimi anni”. Ma la ripresa, di nuovo, è stata “più lenta che in altri paesi”, sebbene “le proiezioni Ocse suggeriscano che la tendenza positiva continuerà nei prossimi due anni”.
Nonostante ciò “non sorprende che, dato l’ancora elevato tasso di disoccupazione e l’incidenza di contratti a termine, il livello d’insicurezza nel mercato del lavoro (la probabilità di perdere il posto e restare senza reddito) sia il quarto più alto tra i paesi Ocse, dopo Grecia, Spagna e Turchia“.