Sistema pensionistico insostenibile? Il vero macigno è la spesa per assistenza
La spesa pensionistica cresce ma tutto sommato si sta mantenendo sotto controllo. A essere sempre più insostenibile per la tenuta futura del sistema appare invece il costo delle attività assistenziali, vale a dire prestazioni per invalidi civili, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali e pensioni di guerra, che invece continuano a crescere ininterrottamente da otto anni. E’ ciò che emerge dal settimo rapporto su “Il Bilancio del Sistema Previdenziale italiano. Andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza per l’anno 2018”, curato dal centro studi di Itinerari Previdenziali e presentata ieri alla Camera dei Deputati.
Il quadro sulla spesa pensionistica sembra non lasciare spazio ad allarmismi. Continua ad aumentare il numero degli occupati (23.215.000 a fine 2018), mentre decresce rispetto al 2017 quello dei pensionati (16.004.503, il più basso degli ultimi 22 anni). Il rapporto attivi/pensionati si assesta dunque per il 2018 a quota 1,45, anche in questo caso miglior risultato degli ultimi 22 anni e soprattutto valore molto prossimo a quell’1,5 che potrebbe garantire la sostenibilità di medio e lungo periodo del sistema. Il tutto mentre l’andamento della spesa per prestazioni di natura previdenziale si conferma tutto sommato sotto controllo: nel 2018, ha raggiunto i 225,593 miliardi (contro i 220,843 del 2017); l’incidenza sul Pil è pari al 12,9% (l’11,7% al netto dell’assistenza), mentre l’aumento medio annuo dal 2010 risulta inferiore all’1,3%, dunque sostanzialmente in linea con il tasso di inflazione.
Se la spesa pensionistica non preoccupa, è ancora una volta la spesa per assistenza a confermarsi il vero punto debole del sistema di protezione sociale italiano. Nel 2018, l’insieme delle sole prestazioni assistenziali (prestazioni per invalidi civili, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali e pensioni di guerra) totalmente a carico della fiscalità generale ha riguardato 4.121.039 soggetti, 38.163 in più rispetto allo scorso anno, per un costo complessivo di 22,35 miliardi, importo in costante aumento nel corso degli ultimi 8 anni. Il rapporto rileva che i beneficiari di prestazioni totalmente o parzialmente assistite sono 7.889.693, vale a dire il 49% dei pensionati totali: in altre parole quasi il 50% di pensionati totalmente o parzialmente assistiti sono soggetti che in 66 anni di vita non sono riusciti a versare neppure 15/17 anni di contributi regolari.
“Il nocciolo del problema è che mentre le prestazioni previdenziali sono state ridotte a mezzo di stringenti riforme che hanno comunque colto l’obiettivo di stabilizzare la spesa, quelle assistenziali continuano ad aumentare sia per le continue “promesse” politiche sia per l’inefficienza della macchina organizzativa, priva di un’anagrafe centralizzata e di un adeguato sistema di controlli”, ha sottolineato Alberto Brambilla, presidente del centro studi Itinerari Previdenziali.
Quali prospettive per il sistema previdenziale?
Guardando alle prospettive future del sistema previdenziale il rapporto rileva qualche possibile ombra, dovuta anche alle modifiche introdotte dal decreto legge 4/2019, tra cui anche il pensionamento anticipato con Quota 100. “Malgrado un incremento del tasso di occupazione complessivo, sicuramente Quota 100 porterà a un incremento delle pensioni in pagamento e quindi all’interruzione di un trend di miglioramento del rapporto attivi/pensionati che durava orma da diversi anni – spiega Brambilla – Se, come auspicabile non ci saranno però altre agevolazioni o forme di anticipo, la riduzione delle pensioni dovrebbe proseguire anche nel prossimo decennio”. Secondo il centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali questo tuttavia non significa che non sia ancora necessario mettere mano al sistema, che, anzi, avrebbe bisogno di una revisione strutturale e più coraggiosa.