Smart working: è boom con la pandemia, oltre l’82% di imprese l’ha sfruttato. I dipendenti hanno lavorato più ore
Nella prima metà del 2020 oltre il 14% dei lavoratori del settore privato ha lavorato in modalità smart working, contro meno dell’1,5% del 2019. Le imprese che hanno utilizzato il lavoro da remoto inoltre sono aumentate dal 28,7% del 2019 all’82,3% del 2020. Un vero e proprio boom, condizionato dalla pandemia Covid. E’ ciò che emerge dagli studi di Bankitalia dedicati al telelavoro durante l’emergenza sanitaria. L’incremento del ricorso al telelavoro ha riguardato soprattutto lavoratori di grandi imprese e specifici settori (in particolare informazione e comunicazione, nonché attività finanziarie e assicurative) ed è stato sfruttato maggiormente dalle figure manageriali e impiegatizie rispetto agli operai.
Con lo smart working si lavora di più
In media i dipendenti in smart working hanno lavorato più ore (6%) e hanno fatto meno ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni (CIG) rispetto a quelli che non hanno usufruito del lavoro da remoto. Il ricorso allo smart working inoltre ha consentito di limitare l’impatto negativo su produzione, fatturato e occupazione delle imprese. Ciò è avvenuto in maniera molto eterogenea, in quanto l’utilizzo del lavoro da remoto dipende dal tipo di attività svolta, dalle caratteristiche delle imprese, quali dimensione, dalle dotazioni tecnologiche e infrastrutturali, capitale fisico e umano, ed esperienza pregressa.
Lo smart working entra anche nella PA
I provvedimenti varati dal Governo per arginare il virus hanno portato a un forte utilizzo del lavoro a distanza anche nelle amministrazioni pubbliche. La percentuale di lavoratori che hanno lavorato da casa almeno una volta a settimana è passata dal 2,4% del 2019 al 33% del II trimestre 2020. A usufruire di più del lavoro da remoto sono state le donne e i lavoratori più istruiti. L’uso dello smart working è stato limitato però da diversi fattori: un limite “naturale” alla telelavorabilità di alcune funzioni del settore pubblico e un limite legato a ridotte
competenze del personale, mentre gli investimenti in dotazioni informatiche sostenuti dagli enti non hanno inciso in maniera significativa.