Smart working: solo il 15% dei dipendenti pubblici lavorerà da casa. La proposta di Brunetta
Novità smart working nella Pubblica Amministrazione. Il ministro Renato Brunetta poco tempo fa aveva annunciato l’intenzione di rimodulare la possibilità di accedere al lavoro da remoto per i dipendenti pubblici, strumento usato nel pieno della pandemia per tentare di arginare i contagi da Covid-19.
Smart working nella PA: la proposta di Brunetta
Il ricorso al lavoro da casa, durante la pandemia e nel post emergenza, ha interessato gran parte dei settori, in alcuni casi con percentuali ben oltre il 50%. In ministeri, agenzie fiscali, università e scuola, risultavano in smart working il 71,1% del personale delle PA centrali e il 69,4% degli insegnanti e accademici. Oggi il ministro prevede il graduale rientro in presenza dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, con l’obiettivo di ridurre al 15% l’attività da casa. Nell’attesa di indicazioni sulla quota del 15% indicata dal ministro Brunetta (potrebbe essere riferita ai lavoratori oppure al tempo di lavoro) e ipotizzando che si riferisca al numero di lavoratori interessati, significa che lo smart working nel pubblico sarebbe consentito in tutto a 500 mila dipendenti.
In base alle analisi elaborate dalla Fondazione Studi Consulenti del lavoro, riportate dal Corriere della Sera, sulla base dei dati forniti dalla Ragioneria dello Stato e da Formez nel Rapporto di monitoraggio sull’attuazione del lavoro agile nelle PA, a marzo 2020 il 56,6% dei dipendenti pubblici era in smart working, 1,8 milioni su 3,2 milioni totali. “L’esperienza maturata nel periodo emergenziale che ha improvvisamente obbligato un elevatissimo numero di lavoratori a operare da casa va utilizzata per migliorare lo strumento e renderlo una modalità di lavoro alternativa — commenta Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi Consulenti del lavoro -. Certamente è necessario un intervento normativo che meglio regolamenti i diversi diritti e i doveri di entrambe le parti del rapporto, come possono essere il diritto alla disconnessione, la reperibilità ovvero il controllo da remoto. Insomma, lo smart working va ben strutturato in modo da farlo diventare un’opportunità per il futuro che certo non può essere l’unico modo in cui viene svolta la prestazione lavorativa».