Spesa per sanità rallenta a partire dalla crisi del 2008, crescerà peso cassa integrazione per effetto Covid-19
In Italia la spesa per sanità, previdenza e assistenza sociale, i tre pilastri della cosidetta protezione sociale, è più che raddoppiata negli ultimi 25 anni. Ma con l’ultima crisi globale del 2008 ha iniziato a rallentare, soprattutto per quanto riguarda la spesa per la sanità, la cui centralità nel garantire la tutela della salute dei cittadini italiani è emersa prepotentemente oggi, nella gestione dell’emergenza coronavirus. Qui a essere stata tagliata nel corso degli anni è stata proprio la quota destinata all’assistenza ospedaliera. Numeri che fanno riflettere sulle possibili ripercussioni che questa nuova crisi economica alle porte, definita come la peggiore dal secondo dopoguerra, potrà avere sulla spesa sanitaria futura e più in gerenale sulla protezione sociale. Eppure, malattia e vecchiaia sono in Europa i primi rischi da cui proteggersi.
Spesa per protezione sociale più che raddoppiata dal 1995, ma in rallentamento con la crisi del 2008
Dal rapporto Istat, diffuso oggi, nel 2019 l’amministrazione pubblica ha speso circa 479 miliardi di euro per proteggere i cittadini da rischi, eventi o bisogni inclusi nella sfera della protezione sociale, come la malattia e la salute, l’invalidità, la vecchiaia, la disoccupazione o l’alloggio. L’importo sale a quasi 508 miliardi se si includono nel calcolo anche le prestazioni erogate da istituzioni private, vale a dire fondi pensione complementari, istituzioni sociali e datori di lavoro privati. E se si guarda indietro nel tempo, negli ultimi 25 anni, dal 1995 a oggi, si nota che la spesa per prestazioni sociali è più che raddoppiata e nel 2019 è pari a 2,3 volte quella del 1995. Tuttavia, si nota anche che la crescita è stata particolarmente accentuata fino al 2008 (+5% in media annua) per poi subire un brusco rallentamento nel periodo tra il 2009 e il 2019 (+1,9%), proprio a seguito dell’ultima crisi globale e alle conseguenti difficoltà della finanza pubblica.
Meno di un quarto va alla sanità. Crescerà il peso di cassa integrazione per effetto Covid-19
Tra le singole voci di protezione sociale, la previdenza ha sempre rappresentato la prima voce di spesa, assorbendo nel 2019 il 66% delle risorse. Alla sanità è andato invece il 23% (108,5 miliardi di euro), meno di un quarto, e alle prestazioni di tipo assistenziale solo l’11% (53 miliardi).
Nel tempo, la previdenza, sebbene rappresenti la parte maggoritaria della spesa per protezione sociale, ha visto ridurre il suo peso (-4 punti percentuali nell’ultimo anno rispetto al 1995). Nel dettaglio, è sceso il peso delle pensioni, all’86,6% nel 2019, il più basso dal 1995, nonostante la spesa aggiuntiva dovuta a Quota 100. La riduzione della quota per pensioni è stata controbilanciata da una crescita nel tempo delle liquidazioni per fine rapporto di lavoro e, soprattutto, delle indennità di disoccupazione, che hanno raggiunto il livello massimo di spesa nel 2019. Proprio le indennità di disoccupazione e le spese per la cassa integrazione, anticipa l’Istat, sono destinate a crescere quest’anno per effetto dei decreti emanati per il sostegno al reddito dei lavoratori a seguito della chiusura delle attività economiche per l’emergenza Covid-19.
A ridursi nel tempo, a partire dal 2008, anche il peso della componente sanitaria, sceso fino a tornare nel 2019 ai livelli degli anni ’90. Erosa negli anni soprattutto la quota destinata all’assistenza ospedaliera.
Guardando invece al terzo pilastro, ossia all‘assistenza sociale, emerge che nel 2019, per la prima volta dal 1995, non sono più le prestazioni a invalidi civili, ciechi e sordomuti ad assorbire la quota maggiore di spesa ma la categoria degli altri assegni e sussidi. Quest’ultima ha avuto un peso residuale fino al 2013 ma, a partire dal 2014, con l’introduzione del cosiddetto bonus 80 euro, è fortemente cresciuta contribuendo a portare l’intero ammontare speso per assistenza sociale per la prima volta sopra la soglia del 9%. La crescita è proseguita fino al 2019, anno in cui ha raggiunto il massimo peso dell’intero periodo (11%) per l’effetto aggiuntivo dell’introduzione del reddito di cittadinanza.
Italia a confronto con il resto d’Europa
Nell’Unione europea ogni abitante riceve in media 8.070 euro all’anno per prestazioni sociali (dati 2017, gli ultimi disponibili per un confronto europeo). Questo importo include le spese sanitarie, le pensioni e tutte le altre tipologie di prestazioni previdenziali e assistenziali. L’Italia rispecchia il dato medio europeo, essendo pari a 8.041 euro la spesa socio-sanitaria di cui beneficia ciascun cittadino, anche se ben lontana dai livelli del Lussemburgo dove si registra la spesa media pro capite più alta con 20.514 euro. In rapporto al Pil la spesa italiana è superiore alla media europea (26,8%) ma inferiore a quella della Francia che è in testa alla graduatoria con il 31,7%.
Vecchiaia e malattia i rischi più protetti in Europa, Italia sotto la media per spesa sanitaria
Tra i rischi inclusi nella protezione sociale, quello più oneroso in assoluto per quasi tutti i paesi europei è la vecchiaia che assorbe il 40,5% delle prestazioni erogate nella Ue. L’Italia supera di molto la quota media europea, arrivando al 48,8% delle prestazioni erogate contro il rischio vecchiaia. Con il 29,5% della spesa per protezione sociale, il secondo rischio maggiormente protetto in Europa è quello della malattia/salute, che include tutte le spese sanitarie erogate ai cittadini dal sistema pubblico o con esso convenzionato e le indennità di malattia e infortuni. In questo caso l’Italia si colloca sotto la media europea, dedicando alla protezione della salute dei cittadini solo il 23,1% delle prestazioni erogate.