Stangata inflazione: non solo benzina e bollette, anche carrello spesa sempre più caro. Quanto spende in più una famiglia?
Non solo benzina e bollette, anche il carrello della spesa sta diventando sempre più caro. Lo certifica l’Istat, nella sua rilevazione mensile sui prezzi, diffusa oggi. Ebbene, a febbraio l’inflazione è salita per l’ottavo mese consecutivo, raggiungendo il livello del 5,7%, che non si vedeva dal novembre 1995, ossia dagli ultimi 27 anni. Il mese prima, a gennaio era del 4,8%. La spinta, come già avvenuto nei mesi precedenti, è arrivata ancora una volta dall’energia, come i carburanti, luce e gas. Ma, attenzione: l’istituto di statistica nazionale avverte che le tensioni inflazionistiche si sono propagate, soprattutto ai beni alimentari. I prezzi dei prodotti sugli scaffali del supermercato hanno accelerato il mese scorso di oltre 1 punto, trascinando oltre il 4% anche la crescita dei prezzi del cosiddetto “carrello della spesa”.
Se a questo si aggiunge che in questa analisi, l’Istat non ha ancora rilevato le speculazioni scattate dopo la guerra Russia-Ucraina, dato che i dati si fermano alla terza settimana del mese mentre la guerra è scoppiata il 24 febbraio, ecco che il quadro diventa ancora più allarmante. Gli analisti infatti si aspettano un’ulteriore accelerazione dei prezzi a partire da marzo, legata proprio alla recente fiammata dei prezzi di petrolio e gas, ma anche alle problematiche di approvvigionamento di alcune materie prime a causa delle sanzioni, come il grano, i fertilizzanti, l’acciaio e il ferro.
Ma cosa significa per una famiglia avere a che fare con una inflazione al 5,7%? Innanzitutto, chiariamo cosa è l’inflazione: un aumento generale dei prezzi e servizi che acquistiamo e consumiamo nella vita di tutti i giorni. Il livello di inflazione ritenuto ideale dalla banca centrale europea è intorno al 2%. Siamo un po’ oltre.
E l’effetto sul portafoglio si sente. L’Unione Nazionale dei Consumatori ha fatto qualche calcolo: l’inflazione a 5,7% significa per una coppia con due figli un aumento del costo della vita di circa 2.000 euro all’anno (per la precisione pari a 2.051 euro), di cui 1.018 solo per abitazione (mutuo o affitto) acqua ed elettricità, 486 euro per i trasporti, 359 per cibo e bevande e 370 per il resto del carrello della spesa. Per una coppia con 1 figlio, la maggior spesa annua è pari a 1.932 euro, 1021 per l’abitazione, 424 per i trasporti, 323 euro per cibo e bevande, 333 per le spese di tutti i giorni del carrrello. In media per una famiglia il rialzo complessivo è di 1.669 euro. Ma il record, secondo i calcoli dell’associazione, spetta alle coppie senza figli con meno di 35 anni che, spendendo di più per la casa hanno un aggravio annuo di 2.130 euro, con 1.208 appunto solo per l’abitazione, e alle famiglie numerose con più di 3 figli con una batosta pari a 2.307 euro, dove qui a incidere è la spesa di tutti i giorni, con 393 solo per il cibo e 405 per il resto del carrello.
“Uno tsunami! – ha detto Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori – Sulle famiglie si è abbattuto un terremoto dagli effetti devastanti per i loro portafogli”. L’associazione sollecita un intervento immediato del governo per ridurre le accise sui carburanti per intervenire su una delle cause dell’inflazione, quella che insieme a luce e gas sta svuotando le tasche degli italiani e senza le quali l’inflazione oggi sarebbe pari solo al 2,1%.
Non si discostano molto i calcoli effettuati dal Codacons, secondo cui l’inflazione al 5,7% si traduce in una stangata pari a +1.751 euro annui per la famiglia “tipo” ovvero con un figlio, mazzata che raggiunge quota +2.275 euro per un nucleo con due figli.
“Il timore concreto – ha avvertito il presidente del Codacons Carlo Rienzi – è che si stiano registrando in questi giorni forti speculazioni sui prezzi che sfruttano il conflitto scoppiato in Ucraina per aumentare in modo del tutto ingiustificato i listini di beni di largo consumo come pane e pasta”.
Proprio per questo dopo i carburanti il Codacons ha deciso di scendere in campo presentando un esposto ad Antitrust e 104 Procure della Repubblica di tutta Italia anche in merito ai rincari di pane e pasta. Ad esempio a Milano un chilo di pasta è passato da una media di 1,28 euro dello scorso novembre a 1,64 euro, con un rincaro del +28,1%. A Firenze il prezzo medio sale da 1,15 euro/kg di novembre a 1,38 euro (+20%). Rincari che avvengono nonostante la pasta si produca col grano duro importato da Canada, Usa, Messico o altre parti di Europa, zone non interessate dal conflitto.
Nell’esposto il Codacons chiede a magistratura e Antitrust di inviare Nas e Guardia di Finanza presso grossisti, intermediari, produttori, Gdo e panetterie, allo scopo di acquisire la documentazione fiscale sulle bolle di acquisto della materia prima, per capire in quale dei passaggi della filiera si annidino speculazioni che stanno svuotando le tasche dei consumatori.