Stipendi top manager Piazza Affari: adesso essere sostenibili può far lievitare la paga
La pandemia ha chiaramente sconvolto le dinamiche interne alle aziende. Tra le priorità emerge sempre più forti nell’ultimo ano e mezzo c’è sicuramente quella di un maggior impegno verso la sostenibilità. L’agenda green è sui tavoli di tutti i ceo di Piazza Affari e da quanto emerge da un’analisi di Mercer Italia rappresenta anche un elemento chiave nel determinare l’entità della parte variabile dei loro stipendi.
La nona edizione dello studio Mercer sui compensi dei Consigli di Amministrazione delle società appartenenti all’Indice FTSE MIB mostra una retribuzione in crescita rispetto all’anno scorso per quanto concerne la parte variabile. Tale trend risulta influenzato anche dal cambio di perimetro del paniere FTSE MIB e dall’arrivo di nuovi manager a capo di alcune grandi aziende dell’Indice.
Un pay-mix target sempre più sbilanciato sulle componenti variabili rende sempre piùrilente la componente condizionata al raggiungimento di obiettivi di performance di medio-lungo termine, coerentemente con gli orientamenti del Codice di Corporate Governance e del gradimento di Proxy Advisor e Investitori Istituzionali.
Lo studio Mercer FTSE-Mib osserva che il 79% del campione presenta almeno un indicatore ESG all’interno dei propri sistemi incentivanti di breve termine (conto il 69% dello scorso anno). Sale invece al 53% la percentuale delle aziende che presentano almeno un indicatore ESG all’interno dei sistemi incentivanti di lungo termine (44% lo scorso anno).
Lo studio registra inoltre l’aumento del numero di aziende che prevedono Comitati le cui funzioni sono esclusivamente correlate a Sostenibilità/ESG (presenti nel 42% del panel contro il 28% della scorsa edizione). Con il recepimento della SRD II nel Regolamento Emittenti Consob, elementi quali il contributo della politica retributiva ai risultati e alla responsabilità sociale d’impresa, nonché la crescente trasparenza nel legame tra pay e performance, rappresentano fattori distintivi nel rapporto tra azienda e mercato: 9 aziende su 10 hanno rappresentato all’interno dei propri documenti il legame tra la propria politica retributiva, la strategia aziendale e lo sviluppo sostenibile.
“La parte variabile dello stipendio dei CEO diventa dunque una leva strategica per le aziende che intendono perseguire con serietà e decisione chiari obiettivi di crescita valoriale, oltre che di profitto – ha dichiarato Marco Valerio Morelli, Amministratore Delegato di Mercer Italia – e siamo lieti di notare un decisivo orientamento delle grandi aziende italiane nei confronti della sostenibilità intesa come percorso strutturato di medio-lungo periodo”.
“Se guardiamo al significato dell’acronimo ESG in dettaglio – continua Morelli – notiamo che l’attenzione all’ambiente e alla sicurezza sul luogo del lavoro risulta essere sempre più integrata ad azioni di coinvolgimento del Capitale Umano, ciò che noi chiamiamo “empatia”, forse il risultato di un anno complicato, dove si è passati da un modello di leadership ‘command&control’ a uno stile di ascolto e di comprensione delle istanze che provengono dalle persone”
Lo studio Mercer rivela che, oltre all’utilizzo di metriche attinenti a tematiche quali ambiente e sicurezza sui luoghi di lavoro, emergono misure finalizzate a considerare l’engagement dei dipendenti, nonché la diversità e l’inclusione.
Focus anche su gender gap
Invece poco meno della metà dei sistemi incentivanti valuta le performance del vertice aziendale sul divario di genere e sulle strategie volte a colmarlo. Molte le aziende focalizzate a sostenere la diversità di genere nella “Talent Pipeline”, ma ancora poco sfidato il vertice aziendale su tematiche quale il gender pay gap, oggetto di futura attenzione alla luce dell’evoluzione regolamentare in corso. In relazione a questo tema, in lieve crescita il numero di donne presenti all’interno dei Consigli di Amministrazione, pur registrando solo 4 donne esecutive (rispetto alle 6 dello scorso anno). Inoltre, nel panel delle aziende analizzate, circa il 50% inserisce nei propri sistemi incentivanti obiettivi di diversity&inclusion. Tuttavia, se si analizza il livello delle figure che riportano direttamente all’Amministratore Delegato, notiamo che la presenza di donne nella “prima linea” si attesta in media a 19% con pochi casi in cui si giunge nell’intorno o oltre il 30%.
“La strada è segnata – commenta Morelli – ma i vertici aziendali devono superare la logica delle “quote rosa” e intraprendere con decisione azioni mirate a colmare il gender pay gap, con la supervisione dei CdA. Inoltre, le strategie di inclusione devono estendersi a tutta la linea dirigenziale, dove abbiamo purtroppo visto che più si sale e minore è la percentuale di donne in posizioni di vertice.”