Superbonus: la cessione del credito ora è ostacolo per il 23% delle famiglie, imprese inaffidabili per 2 su 5
L’interesse al Superbonus sembra dare segnali di rallentamento, a causa della sfiducia sulle possibilità di sfruttare l’incentivo in scia alle recenti normative. E’ quanto emerge da “110% Monitor”, l’osservatorio di Nomisma, che monitora l’andamento degli interventi di riqualificazione energetica e sismica soggetti al superbonus. Ebbene, da novembre 2021 ad oggi sono diminuite le famiglie interessate alla misura, passando dai 9,4 ai 7,5 milioni.
Sulla frenata dei cantieri, fortemente rilevante risulta l’effetto delle nuove disposizioni legislative in merito alla catena della cessione del credito: oltre il 23% delle famiglie ha difatti risentito di questa scelta normativa.
Non vi è dubbio che le agevolazioni edilizie siano state un volano per la ripresa economica nelle fasi della pandemia, ma a sorreggere tutto il comparto dell’edilizia e il suo indotto è stata proprio la possibilità di optare per le cessioni del credito spettanti dall’agevolazione fiscale, consentendo ai contribuenti di scontare e cedere il credito fiscale anche con “trasferimenti a catena”. Le limitazioni nella catena della cessione hanno quindi significato un ulteriore ostacolo per la platea di famiglie interessate, rappresentando l’interruzione o il blocco dell’iniziativa per oltre 2 milioni di esse e creando problematiche e intoppi, nella fase di attivazione dell’iniziativa, per 4 milioni.
“È ovviamente chiara la ratio con cui il legislatore ha immaginato la norma, ma è evidente che questa restrizione abbia generato un momento di stallo dell’intera filiera finanziaria e amministrativa e che necessiti di un adeguamento”, precisano da Nomisma.
In merito agli effetti del Decreto Antifrodi, da un lato emerge un senso di diffidenza delle famiglie verso il mondo delle imprese di costruzioni, ad oggi considerate inaffidabili per 2 soggetti su 5 e propense alle frodi per 3 su 5; dall’altro, nella scelta dei soggetti attuatori, 2 famiglie su 3 scelgono le stesse imprese edili, testimoniando una platea potenziale sempre più confusa dai fatti e dai provvedimenti statali ed incerta sulle decisioni inerenti l’attuazione dell’iniziativa.
Ad accentuare questo stato, si confermano le difficoltà sia nella fase di selezione delle imprese sia nella fase operativa (1 famiglia su 3), in particolare per le speculazioni su prezzi di materie prime e manodopera.
Emerge nuovamente il fenomeno di ampliamento delle disparità familiari come effetto della misura: le famiglie operative si dimostrano le più equipaggiate, come testimoniato dal reddito elevato (oltre i 3.000 € al mese per il 16% delle famiglie operative) e dal possesso della seconda casa (21% delle famiglie operative). Si conferma il rischio, già da tempo previsto, di regalare valore immobiliare a chi già lo possiede e di fornire opportunità solo a chi non ha preoccupazioni di carattere sociale ed economico.