Tassa sui contanti: come funzionerebbe e perché consumatori e commercianti la bocciano
Infuria la polemica sulla proposta avanzata da Confindustria per tassare l’uso dei contanti al fine di contrastare l’evazione. Per far emergere più gettito fiscale il Centro Studi di Confindustria (CsC) avanza una proposta che poggia le basi su un sistema di incentivazione dei pagamenti digitali. “Negli ultimi anni sono stati fatti molti passi avanti nella lotta all’evasione fiscale. Ne è un esempio l’intervento sulla fatturazione elettronica. Malgrado ciò – scrive il capo economista Andrea Montanino – la perdita di gettito fiscale e contributivo è stimato sopra a 100 miliardi, solo in parte attribuibile a grandi evasori”.
La proposta
Il capo economista di Confindustria propone pertanto un meccanismo che preveda un credito d’imposta del 2% per pagamenti elettronici e una commissione del 2% sui prelievi Atm sopra i 1.500 euro, con un gettito stimato di 3,4 miliardi l’anno. Il tutto senza oneri per lo Stato. Lo sgravio del 2% si applicherebbe a chi paga mediante carta di credito, debito e prepagate nominative o bonifico bancario: il consumatore paga il prezzo pieno ma accumula un reddito che verrà contabilizzato e comunicato dalla banca di appoggio della carta di pagamento.
La replica di consumatori e commercianti
Subito sono emerse le perplessità delle associazioni dei consumatori. “Condividiamo la finalità di Confindustria, lotta all’evasione e incentivo all’uso della moneta elettronica, ma una tassa sui prelievi mensili sopra 1500 si tradurrebbe in una stangata inaccettabile a carico delle famiglie italiane di cui facciamo francamente a meno” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
Contraria anche Confesercenti: “Quella della tassa sui contanti è un’idea che non ci piace: sarebbe una stangata da miliardi di euro sui consumatori, che concorrerebbe sicuramente a deprimere ancora di più la spesa delle famiglie, già in rallentamento. Ci chiediamo inoltre quale sarebbe l’impatto di una misura del genere sulla popolazione più anziana del nostro Paese”. Sulla stessa lunghezza d’onda Confcommercio: “L’impulso alla diffusione di sistemi elettronici di pagamento sicuri e tracciabili va certamente perseguita. Per questo bisogna agire anzitutto sul versante della riduzione dei costi che l’utilizzo di tali strumenti comporta a carico di consumatori ed imprese. In particolare, risulterebbe utile un credito di imposta a favore degli esercenti per le commissioni pagate per l’accettazione di carte di debito e di credito. Una tassa in più, soprattutto in un momento di perdurante stagnazione dei consumi, non ci sembra francamente una buona idea”.
Il caso Italia: tanto contante e pochi pagamenti digitali
L’Italia risulta uno dei paesi dove l’utilizzo delle carte di pagamento è meno diffuso: rispetto a una media europea superiore a 100 transazioni pro-capite annue, ne vengono effettuate meno della metà.